Ai più sembrerà forse folklore dell’antipolitica, una notizia  del tutto trascurabile rispetto alla delicata fase che il Brasile sta attraversando. E in effetti il ritiro annunciato di Tiririca, il clown eletto deputato federale un prima volta nel 2010 con oltre un milione e 300 mila voti, non sembra pretendere di chiudere o aprire scenari diversi da quelli attuali, nel clima di sbando istituzionale in cui il paese sembra precipitato tra scandali di corruzione e ritorno delle vecchie oligarchie ai comandi.

Francisco Everardo Oliveira Silva, professione pagliaccio circense, umili origini nello stato nordestino del Cearà, meglio noto come Tiririca e forte di una popolarità costruita in realtà attraverso apparizioni televisive in veste di umorista, era arrivato a sedere tra i banchi della camera bassa del Congresso di Brasilia al grido di «peggio non potrò fare»…

Difficilmente invece avrebbe potuto fare meglio, almeno come inizio, visto che risultò il più votato tra tutti i candidati eletti nello stato di San Paolo. Alcuni misero in dubbio persino che sapesse leggere e scrivere, requisito minimo per assumere la carica. Ma dopo aver superato brillantemente il test venne rieletto, altrettanto brillantemente, nel 2014.

All’epoca non era ancora preda della disillusione depressiva che lo affligge oggi, tanto  da portarlo ad anticipare – all’unisono con la scelta di Angelino Alfano in Italia – che non si ricandiderà alle legislative del 2018. Disgustato dall’assenteismo e in generale dalla condotta dei suoi colleghi. «Anche io non è che abbia fatto molto in questi sette anni – confessa – ma l’ho fatto a testa alta. Oggi posso ancora andare in giro perché ho coraggio, mentre molti di voi fuori di qui devono mascherarsi per non farsi riconoscere. È una vergogna». Unico disegno di legge di Tiririca che ha mosso qualche passo in aula, prima di arenarsi, quello per  il riconoscimento della categoria degli artisti circensi. Ma c’è veramente poco da ridere.