Temperature così non se ne registravano in Europa da un secolo e mezzo: il nord del Vecchio Continente ieri ha vissuto la giornata più calda da metà Ottocento. 43 gradi a Parigi, 42,6 nella tedesca Lingen, 39,3 nell’olandese Eindhoven, 40,6 a Kleine Brogel in Belgio. Colpita anche la Gran Bretagna: a Cambridge ieri pomeriggio si è toccato il record nazionale del mese, 38,1.

Che a luglio faccia caldo non dovrebbe stupire più di tanto, ma simili temperature in nord Europa preoccupano molto. Perché non sono più così rare: nel mese di giugno era successo quasi lo stesso.

E allora si corre ai ripari nell’immediato (magari pensando a cosa può essere fatto nel medio periodo per combattere i sempre più radicali cambiamenti climatici che investono l’intero pianeta): nel Regno unito con i cavi elettrici di alcune stazioni dei treni di Londra surriscaldati si è deciso di bloccare alcune linee e di rallentare la velocità dei convogli provocando rallentamenti seri nella circolazione; in Germania è stata chiusa la centrale nucleare di Grohnde perché l’acqua del fiume Weser (che la raffredda) toccava i 26 gradi; diverse città hanno distribuito acqua ai senzatetto, messo in allarme ospedali e case di cura e aperto gli uffici pubblici a chi cercava refrigerio. E in Belgio uno zoo ha sfamato le tigri con polli congelati, gli orsi con cocomeri ghiacciati.

Il tutto a un mese esatto dal rapporto dell’Onu che denuncia il rischio ormai imminente di un pianeta a regime di apartheid climatico: a denunciarlo è stato il relatore speciale sulla povertà estrema Philip Alston.