È scontato che nei festival generalisti la presenza del cinema del paese ospite sia forte. Ma l’Istanbul Film Festival è sicuramente uno di quelli nei quali la cinematografia nazionale ha un peso quasi egemone al punto che il concorso internazionale passa un po’ in secondo piano. La 36ª edizione del Festival turco (dal 5 al 15 aprile) ha messo in campo una quarantina di film prodotti in Turchia tra fiction, documentari e cortometraggi in concorso, «nuovo cinema turco» (sull’argomento è uscito di recente un libro di Giovanni Ottone), special screening, classici rivisitati. Zer di Kazim Oz è l’unico film turco dei 13 della competizione maggiore e questo potrebbe far pensare che sia il migliore scelto per rappresentare la Turchia nella selezione internazionale. In realtà si tratta solo di un buon film che però può essere assunto come paradigma di molto cinema turco contemporaneo che si muove tra passato e presente. La storia di Jan che da New York torna a Dersim alla ricerca in un villaggio di una vecchia canzone che gli cantava sua nonna quando era piccolo ma che è anche la ricerca di un’identità e di un passato, fa un po’ da battistrada alla copiosa produzione mostrata con storie che devono fare i conti con il presente senza trascurare il bisogno di un popolo di conservare le radici della propria storia. Un percorso espressivo articolato che prende le forme più diverse del genere prevalentemente drammatico. E allora The Stone ruota intorno al ritrovamento da parte di una donna del figlio del quale aveva perso le tracce da quando molto piccolo aveva disturbi mentali in seguito a un incidente; Something Useful racconta un ambiguo e morboso incontro tra una donna e un giovane studente; Inside è uno spaccato della classe media di Istanbul attraverso i rapporti tra tre amici che vivono in un quartiere della città con le proprie leggi; All Felicities Are Possible invece descrive i sogni, le aspirazioni, i dubbi e le disillusioni di uno studente d’ingegneria che insegue un progetto Erasmus anche per fuggire dalla sua piccola città. Ma ci sono anche il thriller psicologico Inflame, con protagonista una donna che tra realtà e allucinazioni cerca il suo passato nella memoria, Blue Silence con al centro un militare alle prese con lo spaesamento al ritorno dalla guerra quando scopre che la moglie e la figlia lo hanno abbandonato, Yellow Heat che attraverso una famiglia di immigrati contadini racconta il dramma dei cambiamenti prodotti dall’industrializzazione, Murtaza con una anziana coppia che vive in un villaggio montuoso mentre la figlia che vive a Istanbul improvvisamente si ammala e muore. E ancora The Seagull, semicommedia su una coppia che vive in una piccola fattoria alle prese con l’arrivo di una nuova stravagante coppia, Clair Obscur che segue l’interazione tra due giovani donne di classi sociali diverse ma con problemi molto simili. E tante altre storie dai toni drammatici o grotteschi che affrontano le tematiche più diverse senza cedere all’imperativo della globalizzazione e preservando un’identità culturale.