Due anni dopo Thierry Frémaux e Pierre Lescure, delegato generale e presidente del Festival di Cannes sono di nuovo lì per annunciare l’edizione 2021 del festival, e come l’ultima volta – la conferenza dell’edizione 2019 – si scusano del ritardo dovuto al terribile traffico parigino. Nell’attesa i teaser rilanciano i tappeti rossi, gli abbracci, le folle, i fotografi, i divi, immagini che appaiono un po’ come la memoria di un «prima» della pandemia già passato. Nel «dopo» c’è che uno dei festival più importanti al mondo è stato costretto, nel 2020, a «saltare» con la scelta di non andare in streaming (opzione che è stata riservata solo al mercato) ma annunciando lo stesso la sua selezione di film. I quali, pur avendo la «Cannes Label» pensata per accompagnarli e sostenerli sul mercato, sono stati ugualmente risucchiati dagli eventi successivi – il nuovo lockdown mondiale, la chiusura delle sale. Un esempio? il bellissimo Estate 85 di Ozon uscito ieri.
A altri è stato chiesto invece di aspettare il 2021 e molti (anche nell’incertezza di una situazione in continuo cambiamento) hanno accettato. Uno fra tutti Tre piani di Nanni Moretti che sarà in concorso per la Palma d’oro (in sala in Italia il 23 settembre) dove avrebbe dovuto essere l’anno scorso. Poi Bernadette di Paul Verhoeven anch’esso in gara come Memoria di Apichatpong Weerasethakul ambientato in America latina con protagonista Tilda Swinton, The French Dispatch di Wes Anderson, Bergman Island di Mia Hansen-Love, France di Bruno Dumont.

Una scena da «Tre piani» di Nanni Moretti

SEMPRE in competizione, il molto atteso nuovo film di Nadav Lapid – col precedente Orso d’oro – Ahead’s Knee, The Story of my Wife di Ildiko Enyedi, Drive My Car di Hamaguchi.
Visto però che a dispetto delle «zone rosse» il cinema – lo ha ricordato lo stesso Frémaux – non si è mai fermato, nel frattempo sono arrivati altri film e non deve essere stato facile tenere tutto insieme, le promesse fatte e il desiderio di visioni nuove, senza saturare la griglia di programmazione. Un’impasse che (forse) ha condizionato la selezione ufficiale, e ha obbligato a rinunce nonostante l’aggiunta di una nuova sezione, Cannes Premiere – presentata come uno spazio per i registi già venuti sulla Croisette (sembra che anche qui qualche titolo sia tra quelli rimasti in attesa) dove troviamo nomi importanti, da Arnaud Desplechin col suo attraversamento dell’opera di Philip Roth (Deception, protagonista Lèa Seydoux), a Andrea Arnold (Cow), Mathieu Amalric (Serre-moi fort) Hong Sang-soo (In Front of Your Face), l’esordio da regista di Charlotte Gainsbourg con un ritratto-dialogo insieme a sua madre Jane Birkin (Jane par Charlotte), Kornél Mundruczo (Evolution).
Proprio l’Italia del resto solleva questa domanda: Tre piani è il solo film nell’intera selezione ufficiale, ma sappiamo tutti che ci sono molti film italiani pronti. Era impossibile inserirli? O non sono piaciuti? O magari è stata una decisione di produttori-distributori o della stessa Raicinema che creerà (purtroppo) un imbottigliamento al Lido e conseguenti uscite di massa con i risultati che sappiamo?

ALTRA assenza, l’America. Una manciata i titoli e legati al «cinema indipendente» – oltre al già annunciato Anderson ci son, tra gli altri, Sean Baker con Red Rocket e Sean Penn con Flag Day (in concorso), fuori concorso Todd Haynes col suo doc sui Velvet Underground passione del regista (The Velvet Underground), la rivisitazione dell’omicidio di JFK di Stone (JFK Revisited: Through the Looking Glass), Still Water di Tom Maccarthy.
La situazione in questo è diversa: mancano gli studios e Frémaux lo aveva anticipato in una intervista a «Indie Wire» apparsa alla vigilia della conferenza stampa in cui spiegava come questo dipenda dallo spostamento in avanti del festival, «troppo presto troppo tardi» nel calendario per le grosse produzioni Usa e per quei titoli in uscita invernale che preferiranno Venezia, Toronto, o New York. S enza sottovalutare che la politica degli Studios su viaggi delle star e quant’altro è ancora molto cauta.
C’è poi la questione dei colossi dello streaming, Netflix in testa nominata da Frémaux che ha ribadito di non accettare in concorso i film della piattaforma visto che non escono in sala n Francia – cosa che probabilmente lo ha costretto a rinunciare al nuovo Sorrentino, É stata la mano di Dio (dato a Venezia), autore che ama molto – perché non accettano il fuori concorso.

«Babi Yar. Context» di Sergei Loznitsa

UN CONFRONTO questo tra il festival francese e la piattaforma che va avanti da qualche anno, ma che dopo la pandemia assume anche un senso nuovo: non si possono ignorare le mutazioni rapide accelerate nell’ultimo anno dalla pandemia, con l’aggressività delle piattaforme che in modo netto hanno rivelato il loro disinteresse verso la sala e un po’ pure per i festival, sia Netflix – pensiamo a Mank di Fincher – che Apple che ha tenuto in solo streaming Sofia Coppola, e ora anche Amazon con l’acquisto di Mgm sembra orientarsi a nuove politiche, e Disney o tutti gli altri che si sono dotati di una piattaforma mentre le finestre si sono ristrette. Per ora dicono: ma si potrà tornare indietro?
In Francia inoltre le tasse e i termini degli investimenti nella produzione nazionale da parte dei colossi dello streaming è un argomento molto discusso in Francia negli ultimi mesi con il timore dei cineasti di vedere messo in pericolo il sistema francese a seguito di eventuali concessioni finanziarie a Netflix.

IL CERTAIN REGARD predilige quest’anno gli esordienti – come l’islandese Vladimar Johansson con Lamb ma vi troviamo anche il più noto German jr. con Delo.
Apertura con Annette di Carax – star Marion Cotillard e Adam Driver – chiusura a sorpresa. Oltre al Palais i festivalieri – a cui è richiesto il certificato vaccinale con almeno 14 giorni dalla seconda dose di vaccino o un tampone ogni 48 ore, gratuito nelle hub delle festival – troveranno le nuove sale del multiplex alla Boca.