Il governo di Sebastián Piñera ha chiesto di spostare le elezioni di sindaci, consiglieri comunali, governatori regionali e, soprattutto, dei candidati all’assemblea che scriverà la nuova Costituzione cilena. Le elezioni, previste per il prossimo 11 aprile, dovrebbero essere posticipate di un mese, slittando così al 15 o 16 maggio.

La richiesta di rinvio, annunciata da Piñera domenica sera in diretta tv, sarà vagliata dal Parlamento in settimana. «Sebbene sia stata una decisione difficile, l’abbiamo presa convinti che si tratti della migliore per il Cile», ha detto Piñera.

La causa del rinvio? Il Cile, nonostante una campagna vaccinale molto rapida, sta vivendo una nuova ondata con oltre 7mila contagi da Covid al giorno con una popolazione totale di 18 milioni di abitanti.

La richiesta del presidente è stata accolta da forti polemiche: quella dell’11 aprile è una data molto attesa e la campagna per i candidati all’assemblea costituente – l’80% dei quali sono nomi nuovi nella politica cilena – è stata febbrile negli ultimi mesi.
Il 25 ottobre scorso si è tenuto nel Paese uno storico referendum: oltre il 78% dei partecipanti ha votato per abrogare la Costituzione scritta sotto la feroce dittatura di Augusto Pinochet. Il referendum è stato una conseguenza delle violente proteste iniziate nell’ottobre del 2019 per l’aumento del costo del biglietto della metro.

I video degli agenti che arrestavano con estrema violenza i giovani sono diventati virali e in pochi giorni oltre 1 milione e mezzo di persone sono scese in piazza a protestare per le enormi disuguaglianze sociali che attanagliano il Paese (l’1% della popolazione ha il 26,5% della ricchezza), per un sistema pensionistico inefficiente, per la sanità e l’istruzione fortemente privatizzate e per la violenza delle forze dell’ordine che, dal primo giorno, hanno represso i disordini.

Fra le richieste dei manifestanti anche quella di scrivere una nuova Costituzione per il Paese, compito che saranno chiamati a svolgere 155 candidati – di cui 17 saranno rappresentanti dei popoli indigeni – che entro due mesi dalla loro elezione dovranno dare il via ai lavori che dureranno per i successivi due anni.