«Le compagnie petrolifere straniere stanno abbandonando l’Iran e le stesse società iraniane cercano di spostare l’attività fuori dal paese. La pressione dell’amministrazione Trump ci spaventa e cambia le nostre richieste alle autorità della Repubblica islamica: se un tempo erano politiche, adesso sono di natura economica». A raccontare la situazione che si vive a Teheran è la scrittrice e sceneggiatrice Nasim Marashi.

Classe 1984, Marashi ha pubblicato nel 2015 il suo primo romanzo L’autunno è l’ultima stagione dell’anno (Ponte33, traduzione di Parisa Nazari), premiato con il prestigioso premio Jalal Al-e Ahmad. Sul clima che si respire nel paese, Marashi aggiunge: «Gli iraniani hanno perso fiducia nelle istituzioni e per questo, quando si è cominciato a parlare della possibilità che gli Stati Uniti si ritirassero dall’accordo nucleare, si sono precipitati ad acquistare valuta straniera (sopratutto dollari ed euro) per prevenire la svalutazione del rial». Così, «la crescente domanda di valuta straniera ha contribuito a indebolire l’economia, il valore del dollaro è aumentato di giorno in giorno, di pari passo con la disoccupazione. E il sistema produttivo iraniano ha fatto le spese di tutto ciò».

Quali sentimenti animano la popolazione iraniana?
La disoccupazione e l’incertezza per il futuro mettono la gente sotto pressione. Abbiamo paura di tornare ai giorni in cui, a causa delle sanzioni, mancavano persino i medicinali. Nonostante l’Iran si sia impegnato a sottoscrivere l’accordo sul nucleare e lo abbia rispettato, gli Usa hanno voluto uscirne a tutti i costi e ora stanno mettendo a repentaglio la situazione interna dell’Iran: mancano i vestiti per i bambini, si fa fatica a trovare il latte in polvere e le farmacie lo vendono sotto banco. I negozi cercano di non vendere gli articoli di importazione in attesa che il prezzo aumenti, per guadagnare di più. Vorrei comprare una lavatrice Samsung, sono giorni che la cerco e ancora non l’ho trovata perché Samsung ha smesso di vendere in attesa che il prezzo aumenti. Succede per qualsiasi bene di consumo. E poi la gente ha paura della guerra.

Quanto è viva la memoria della guerra contro l’Iraq?
Non è passato così tanto tempo da far dimenticare la guerra scatenata da Saddam Hussein il 22 settembre del 1980. La gente ricorda i bombardamenti, la distruzione e i morti. Quasi tutte le strade portano i nomi dei caduti. Città come Khorramshahr, nel sud, non sono ancora state interamente ricostruite. Come si fa a dimenticare? In questi giorni le città del Khuzestan, teatro principale di quella guerra, sono in crisi per mancanza d’acqua potabile. L’acqua che arriva nelle case è salata, la gente è scesa in strada a protestare ma lo Stato ha represso il dissenso.

In Iran qualcuno vuole la guerra?
Per via del malcontento che provano verso il governo, alcuni credono che un conflitto possa cambiare la situazione politica, rovesciare il governo e darcene uno migliore. Ma la guerra non ha mai portato niente di buono, basti guardare all’Afghanistan, all’Iraq e alla Siria. L’Occidente è solo interessato a vendere armi e a crearsi spazi di egemonia. Se dovesse scoppiare una guerra, il risultato sarebbero morte e distruzione, migliaia di profughi andrebbero ad aggiungersi a quelli già esistenti e si distruggerebbe un bellissimo paese, ricco di storia e cultura.

Nella guerra scatenata da Baghdad, l’Occidente si schierò con l’Iraq. Quanto risentimento c’è tra gli iraniani per questo?
Come si possono dimenticare i bombardamenti, gli attacchi chimici di Saddam? Immaginate di essere un mutilato di guerra, come puoi dimenticare? Come non covare risentimento? L’Iran è colpevole di aver protratto la guerra, ma l’Occidente ha approfittato della situazione appoggiando Saddam e vendendogli armi, anche chimiche. Per una madre che perde un figlio niente può tornare come prima. Un malato che non riesce ad avere le medicine per via delle sanzioni e subisce danni irreversibili, non può vivere serenamente. I giochi dell’Occidente in Medio Oriente hanno devastato la vita di intere famiglie. Una persona che ha perso la famiglia in un attacco chimico non potrà mai cancellare il risentimento. Oggi, i paesi occidentali a parole rifiutano la guerra e parlano di difesa dei diritti umani, ma gli Usa vendono armi e impongono la loro egemonia. Noi iraniani critichiamo il nostro governo, protestiamo, siamo coscienti che un cambiamento richiede tempo ma non vogliamo una guerra, non vogliamo vedere morire uomini donne e bambini.