Fa buio presto, ad ottobre, su in montagna. I corridori arrivano alla spicciolata quasi all’imbrunire, quando gli alberi più lunghi già proiettano le loro ombre sulla strada. E fa buio presto su Vincenzo Nibali, staccato poco dopo l’inizio dell’ascesa finale.

Fa buio sul ciclismo italiano, aggrappato con le unghie e con i denti a Nibali e Pozzovivo, 35 e 37 anni rispettivamente. Una crisi, quella del nostro movimento, che risalta ancor più se si pensa al Fiandre corso in contemporanea alla tappa, dove due giovani terribili che se le suonano di santa ragione fin da ragazzini se la sono giocata per mezza ruota (per la cronaca Van der Poel si è preso la più dolce delle rivincite su Van Aert), mentre nell’ordine d’arrivo non si legge nemmeno di un azzurro. Se ne riparlerà in fase di bilanci definitivi, ancora non diamolo per spacciato Nibali nostro ma, anche se resuscitasse qui al Giro, dietro di lui c’è il vuoto.

La tappa parte dalla base di Rivolto, con tanto di spettacolo delle frecce tricolori, e arriva in vetta a Piancavallo, tra i monti frondosi della Carnia colorati d’autunno e le valli solcate dai rivoli del Tagliamento. Va via presto, come al solito, la fuga di giornata. Rispetto al copione usuale, però, si capisce presto che la vicenda degli evasi non si concluderà con l’alloro di giornata per uno di loro. Chi ne ricava gloria è il nostro Visconti (anche lui 37 anni) che accumula punti per la maglia degli scalatori. Già su per Monte Rest (non si scalava dall’87, nella famosa tappa culminata col tradimento a Sappada di Roche a Visentin) prima gli uomini di Pozzovivo, poi quelli di Keldermann fanno corsa dura. Sulle prime rampe di Piancavallo l’ultimo dei fuggitivi è quindi nel mirino del gruppo.

La salita finale è tale che ad essere più arcigni sono i primi chilometri, e non gli ultimi. Così, tra i meno otto e i meno sette dall’arrivo, il grosso della vicenda è consumato. Non ci sono per la verità scatti furiosi, la selezione si fa par l’arrière. I primi a cedere sotto i colpi della Sunweb di Keldermann sono Fuglsang e Bilbao, poi tocca a Nibali. A fronte di un’accelerazione ancor più decisa, salta pure Almeida.

Ma la maglia rosa non naufraga, mantiene in vista il terzetto protagonista dell’allungo e salva per una manciata di secondi il simbolo del primato. Tra i tre, Hindley tira la volata a Keldermann, ma è Geoghegan Hart il più veloce e trionfa a braccia alzate. Sono Almeida, Keldermann e Hart (questi più staccato) a formare il podio virtuale, in vista delle vicende decisive che la prossima settimana ci riserva.