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Compie dodici anni Cesare, ragazzino di buona famiglia che vive in Brianza, con padre manager e «tagliatore di teste», madre medico di fama. E c’è anche il mondiale di calcio ad infiammare gli animi. Alla sua festa manca solo nonno Riccardo che, però, di nascosto, ha costruito per lui un tavolo delle meraviglie, facendoglielo recapitare in dono.
Quando lo vanno a cercare per condividere un momento di allegria, qualcosa non va. Non risponde al campanello. È steso a terra, in posizione disarticolata, con un infarto in corso. Si salverà, grazie anche alla prontezza di una nuora abituata a operare in ospedali da campo, in situazioni difficili e d’emergenza totale. D’altronde, in tempi non sospetti, salvò anche l’uomo che poi ha sposato da una zolletta di zucchero andata per traverso.

Ma quel nonno steso in ambulanza, che ha tatuato sul braccio un volto simile a Gesù, a sorpresa diventerà un narratore d’eccezione, una fonte inesauribile di storie. Di chi è quel viso disegnato sulla sua pelle che sembra un fiero combattente? Di un terrorista, secondo suor Peppa che lo ha in cura; di uno dei più grandi e affascinanti rivoluzionari mai esistiti, Che Guevara.
Cesare scopre così l’esistenza di un ragazzo argentino torturato dall’asma che, piuttosto che fare il medico, se ne andò dal suo paese per combattere le ingiustizie, sfidando la malattia. Armava i contadini nullatenenti con le parole e con i fucili: insegnava anche loro a leggere e scrivere, oltre che a fare la guerriglia.

L’estate che conobbi il Che di Luigi Garlando (pp. 179, euro 15, Rizzoli) procede spedita nel suo linguaggio accattivante, con molti sobbalzi ironici e un alternarsi disinvolto fra «grande storia» e «piccola storia». Questo doppio registro di scrittura e di affabulazione è la strategia narrativa dell’autore, che ha già presentato ai ragazzi Giovanni Falcone e poi ha inanellato una serie di libri di successo tutti ambientati nel mondo del calcio (è anche giornalista alla Gazzetta dello Sport, con propensioni interiste). Così si può passare dalla maglietta «settimanale» di Cesare, che è riottosa ai lavaggi frequenti, a quella indossata da Che Guevara (anch’essa poco propensa all’acqua) nei giorni della preparazione alla riconquista di Cuba, ai tempi delle lunghe marce.

Il problema per Cesare è proprio appassionarsi a quella storia avvincente: lui, in fondo, è figlio di un «licenziatore»: suo padre deve mandar via gli operai causa della dislocazione della fabbrica CaMerate in Cina e le due cose non vanno a braccetto. Ma  un colpo di scena rovescerà (in positivo) il destino dei lavoratori. Intanto, come in un film episodi, Cesare ogni volta che va a trovare il nonno si ritrova catapultato sull’isola caraibica con il Che, Fidel e altri ragazzini della rivoluzione. Presto, dovrà imparare a tornarci da solo su quell’isola magica. Nonno Riccardo sarà altrove. Hasta la victoria comandante.