Sono un umile operaio, sono uno di voi. Ho percorso queste strade tante volte, quando dovevamo nasconderci per sfuggire alla polizia, non avevamo un soldo e vivevamo con l’aiuto dei compagni”.

Il presidente venezuelano, Nicolas Maduro infiamma la folla di camicie rosse, che straripa nell’Avenida Bolivar. E’ l’atto finale della campagna elettorale per le elezioni parlamentari di domenica.

Sul palco, ritmati dalla musica del gruppo Lloviznando Cantos, ministri e candidati: giovanissimi, indigeni, afrodiscendenti, tantissime donne (la legge impone il 40% di candidate).

Jorge Perez, 22 anni, è il più giovane. “Nella IV Repubblica – dice – aspettavamo eternamente di entrare all’università a numero chiuso, oggi la cultura è di tutti”. Una giovane rapper reca una maglietta con su scritto “Il fascismo si cura con la lettura”.

La ministra indigena Aloa Nunez fa commuovere il presidente e la piazza quando ricorda il cammino di dignità realizzato dalle popolazioni indigene durante il socialismo.

L’afrodiscendente Nora Delgado ricorda che i discendenti degli schiavi hanno “milioni di ragioni per sostenere il socialismo”, in particolar modo le donne, che hanno subito una triplice esclusione violenta nella IV Repubblica: “in quanto donne, di pelle nera e povere”. Validi motivi per gridare “No volveran”, non torneranno.

Siamo un insieme di storie e diversità, uniti da un ideale e da un progetto comune”, dice il presidente esprimendo il concetto nel linguaggio dei segni. E’ la giornata dedicata alle persone diversamente abili. Tutto si può e si deve “rettificare”, ma se torna “l’oligarchia parassita” tutte le conquiste sociali verranno azzerate.

Non per niente, l’opposizione non ha votato il bilancio per pagare le pensioni, le case popolari (il presidente sta per consegnare la numero 900.000), il piano per i trasporti. E che dire della “guerra economica” per sfinire la pazienza del popolo? La piazza risponde con slogan e canti.

“Loro vincono nei sondaggi, noi nelle piazze”, dice ancora il presidente, ironizzando sui sondaggi internazionali che danno un ampio vantaggio all’opposizione. Intanto, la consegna dell’”uno per dieci” per i militanti chavisti (ognuno deve convincere a votare almeno dieci persone) ha già portato alla registrazione di 7 milioni di nomi.

Ma nessuno vuole cantare vittoria anzitempo. Questa volta il rischio è reale, divisione e sfiducia serpeggiano e inoltre, a differenza delle presidenziali, le elezioni parlamentari non hanno mai entusiasmato i militanti. In questi giorni, i candidati hanno sottoscritto pubblicamente 9 impegni concreti su temi economici e politici.

Gruppi di intellettuali hanno firmato due diversi manifesti di sostegno: quello dei cineasti (Roman Chalbaud, Liliane Blazer, José Anto Varela…) e quello di artisti e scrittori (Luis Britto Garcia, Vladimir Acosta, Gustavo Pereira, Fruto Vivas…).

“In Venezuela – dicono gli scrittori – il 6 dicembre si gioca il destino del continente, una battaglia per l’indipendenza di tutti gli uomini e le donne del mondo”. E i cineasti “indipendenti e rivoluzionari” ricordano che la rivoluzione bolivariana, tra il 2006 e il 2014, ha mandato nelle sale commerciali e alternative 154 lungometraggi di fiction e documentari venezuelani. Nel 2014, il cinema ha raggiunto la cifra record di 4.419.690 spettatori nelle sale commerciali. Dal ’99 a oggi, le opere venezuelane hanno ottenuto 448 premi internazionali.

L’opposizione, riunita nel cartello della Mesa de la Unidad Democratica (Mud) ha organizzato il concerto “Vota sin Mordaza” (Vota senza bavaglio), in Parque Cristal, nell’Avenida Francisco de Miranda. “Vogliamo costruire un paese grazioso, democratico e con una buona vibrazione. Voi siete i vincitori di questa lotta di Davide contro Golia”, ha detto il portavoce Chuo Torrealba: senza paura del ridicolo, visto il gonfiore del portafogli della sua compagine e di chi la sostiene.

Intanto, la moglie del leader di Voluntad Popular, in carcere per le violenze dell’anno scorso (43 morti e oltre 800 feriti), ha portato i figli a Miami ed è tornata per assistere alla chiusura di campagna. Prima, ha trovato il tempo di chiedere al Mercosur la cosiddetta “clausola democratica” contro il Venezuela, ovvero l’espulsione per sanzionarne la presunta assenza di democrazia.

E intanto, è arrivato nel paese un gruppo di appoggio alla Mud composto da 7 ex presidenti latinoamericani fra i quali Laura Chinchilla, presidenta del Costa Rica tra il 2010-2014, Tuto Quiroga, presidente della Bolivia nel periodo 2001-2002 e Andrés Pastrana, presidente della Colombia tra il 1998 e il 2002.

La Mud non ha voluto sottoscrivere l’impegno pubblico fra le parti a rispettare i risultati del voto. Intanto, sui media internazionale rimbalzano messaggi divergenti: Henrique Capriles accusa Maduro di voler “tentare un autogolpe”, il Parlamento europeo e gli Usa vorrebbero sospendere le elezioni dopo l’omicidio di un leader della Mud, maturato all’interno delle mafie per il controllo dei posti di lavoro (gli assassini sono già stati arrestati).

E’ finito in carcere anche il capo di Polisucre, il commissario Manuel Furelos con l’accusa di aver provocato atti di violenza durante un comizio del deputato di opposizione Miguel Pizarro, nel Petare. Gli episodi violenti e le provocazioni non mancano. Tre persone sono morte fulminate mentre cercavano di sabotare la rete elettrica. Aumentano le aggressioni di stampo paramilitare davanti alle discoteche o nei quartieri.

All’assemblea, sia come sia”, cantano i militanti chavisti suscitando allarmi e speculazioni: vogliono attaccarsi al potere anche se perdono, accusa l’opposizione. Loro rispondono con vignette, foto e ironia: mostrando per esempio una catena umana in bilico su un motorino, diretto a tutta birra verso le urne.

Nonostante la guerra economica, gli errori, la stanchezza – dicono – “sia come sia”, occorre votare per l’Assemblea. E persino arrivare ai 10 milioni di voti, promessi alla morte di Chavez.