Quando il deputato del Partito democratico Claudio Mancini, considerato molto vicino oltre che amico Roberto Gualtieri, ha twittato una foto che squaderna alcuni dei recenti libri su Roma con la didascalia «Bibliografia per un amico» i giochi parevano fatti: l’ex ministro dell’economia pronto ad annunciare la sua candidatura a sindaco della capitale.

Nel giro di qualche ora, però, l’ipotesi non è stata smentita ma di certo si è raffreddata. Dal Pd romano fanno sapere che ancora nei prossimi giorni non è previsto che ci sia alcun annuncio ufficiale. Gualtieri, dal canto suo, non ha ancora sciolto la riserva che aveva manifestato quando ancora era in carica il governo Conte e che aveva fatto pensare che l’insediamento di Draghi creasse le condizioni giuste. Così non è, il che rinnova le parole con le quali qualche settimana fa Zingaretti lamentò la necessità di maggiore coraggio da parte dei dirigenti del suo partito nel fare un passo avanti e sciogliere il nodo capitale.

Gualtieri, insomma, tentenna e anche se il cerchio si stringe attorno a lui preferisce prendere tempo. Intanto raccoglie attestati di stima anche da Stefano Fassina, deputato eletto in LeU e già candidato a sindaco a Roma con la lista Sinistra X Roma, alternativa al Pd. «Mi pare che emerga la possibilità di Roberto Gualtieri che giudico positivamente secondo me può essere la figura di sintesi della pluralità della coalizione», dice Fassina annunciando un appoggio tutt’altro che scontato.

Lega, FdI e Forza Italia sarebbero pronti a scegliere come candidato uno tra Andrea Abodi, presidente dell’Istituto per il credito Sportivo, e l’ex capo della protezione civile Guido Bertolaso. E sul fronte opposto con la fine del governo Conte, la questione romana si è ingarbugliata ulteriormente. Perché da un lato, dopo la travagliata scelta del M5S di stare in maggioranza con Draghi e al tempo stesso di serrare le fila con l’alleanza che sosteneva Conte anche in chiave amministrativa, anche tra i grillini crescerebbero le spinte per far emergere una figura, come dice Fassina, «di sintesi». È quello che hanno chiesto ad esempio i cinque consiglieri comunali del M5S che da settimane promuovono un Patto per Roma aperto alle forze progressiste.

D’altro canto il caos dentro ai 5 Stelle rende ancora più indecifrabile leggere le dinamiche della forza che al momento mantiene la maggioranza assoluta monocolore in assemblea capitolina. Virginia Raggi contava sula nascita di un «tavolo interistituzionale» tra Campidoglio e parlamento per ridisegnare governance e risorse economiche di Roma e intestarsi quella missione da compiere che alla ordinaria amministrazione della città in questi anni è sempre mancata. Raggi si trova di nuovo a dover cambiare strategia in corsa, anche se prima ancora che i vertici del Movimento 5 Stelle si schierassero con Draghi si era sbilanciata a favore dell’ex presidente Bce. Ma col nuovo governo, ogni speranza di far nascere quella che qualcuno aveva definito la «commissione tricamerale per Roma» pare saltata.