Ale ha 19 anni. Ha passato tutta la sua giovane vita tra occupazioni e sgomberi. È un “abusivo”, se così si può chiamare chi è costretto a combattere in prima persona per avere un tetto che le istituzioni non sono in grado di garantire. Si chiama diritto alla casa. E a Milano, come in molte altre città italiane, è sempre più una chimera. Adesso Ale ha finalmente trovato un posto sicuro dove vivere con suo padre e sua madre che hanno 60 anni. Si chiama Sms, Spazio di Mutuo Soccorso. Sono tre palazzine di quattro piani occupate lo scorso 24 aprile dal centro sociale Cantiere e dal comitato degli abitanti del quartiere di San Siro. Dopo due mesi qui ci vivono 20 nuclei familiari, un totale di una sessantina di persone, bambini e anziani compresi. Ma non si tratta solo di un luogo abitativo. A Sms hanno trovato casa anche molte altre iniziative: una università popolare, spazi espositivi, prossimamente anche una palestra popolare. È un altro modo di abitare la città e di renderla viva e attiva.

Milano negli ultimi decenni ha vissuto sul business del mattone. Dopo i fasti dell’epoca industriale i soldi hanno girato intorno alle speculazioni nelle aree dismesse grazie a enormi crediti delle banche, alla connivenza dei politici e a non poche ingerenze della malavita. Una colata infinita di cemento e di malaffare. Lo skyline della città è cambiato e si è riempito di gru e grattacieli avveniristici destinati a ospitare uffici e abitazioni di lusso, le uniche che ancora si riescono a vendere. Poi è arrivata la crisi, il mercato immobiliare è crollato. Alcune dei suoi protagonisti sono falliti – come Zunino o Ligresti – ed è caduto anche Roberto Formigoni. L’ultimo scossone che ha messo fino all’impero del governatore Celeste è stato l’arresto del suo assessore alla casa, Domenico Zambetti, accusato fra le altre cose di comprare i voti dalla ’ndrangheta. Mentre non si faceva altro che costruire la città si impoveriva e sempre più persone non riuscivano ad avere un tetto sopra la testa. A Milano ci sono 23 mila famiglie in lista d’attesa per avere una casa popolare, ogni anno ne vengono assegnate solo mille: 500 in virtù delle graduatorie, l’altra metà per rispondere ai casi di emergenza che sono in vertiginoso aumento. Nel 2012 sono stati effettuati 4.924 sfratti quasi tutti per morosità e le richieste di sfratto sono 19 mila. Eppure ci sono ben 5 mila case popolari vuote, riscaldate, ma chiuse da inferriate di ferro: duemila del comune e 200 dell’Aler, l’ente che gestisce l’edilizia popolare e che dipende dalla Regione. Gli appartamenti privati sfitti sono ben 80 mila. Senza contare l’enorme numero di spazi inutilizzati per uffici, ex caserme e ex fabbriche. Il centro sociale Macao dieci giorni fa ha deciso di andarli a segnalare: hanno scritto le cifre dei metri quadrati inutilizzati a caratteri cubitali sulle pareti degli edifici fantasma. Ecco solo qualche esempio: ex macello in via Lombroso, Torre Galfa, ex provveditorato in via Ripamonti 9.000. In totale 916 mila metri quadrati vuoti, per una superficie pari a quasi 85 campi da calcio.

Il cancelletto di Sms si apre con un pulsante elettronico, come in qualsiasi palazzo che si rispetti. «Abbiamo anche il telecomando del cancello grande». Si fa sul serio. C’è anche la madonnina storica che veglia su un ampio cortile alberato. C’è il bar, il palco, la domenica si fanno grigliate e il martedì il cineforum. Al primo piano del primo palazzo c’è l’area di mutuo soccorso, si chiama Crise, ed è un mercatino di scambio solidale per affrontare attivamente la crisi. Una serie di ampi locali appena imbiancati ospita oggetti di ogni tipo, vestiti, libri, attrezzi per la casa, lo spazio per i bambini con i laboratori, info point con i computer e la rete. Al primo piano è già funzionante l’università popolare. Nelle aule con tanto di parquet e lavagne si tengono lezioni di italiano per stranieri, di inglese, spagnolo e arabo, oltre a corsi di aggiornamento per gli insegnanti. Negli altri due piani vivono le famiglie. Così come nel palazzo accanto. Dove al pian terreno si sta allestendo una grande palestra popolare. I muri dell’intonaco dei palazzi sono ancora scrostati ma sono in parte ricoperti da grandi graffiti. Il terzo edificio non è ancora abitato, per il momento ospita una mostra artistica e fotografica sugli sfratti in Italia (ci sono anche le lettere dei vari prefetti conservate in teche di vetro). La storia di questi palazzi è tipica. Sono di proprietà di una grossa immobiliare che da vent’anni sfratta gli abitanti e lascia andare tutto in malora in attesa di far fruttare gli stabili in ben altro modo. 

Sotto gli edifici ci sono le “cantine sociali”. Il vino non c’entra. Sono destinate a ospitare i mobili e gli oggetti di chi è stato buttato fuori casa e non sa dove tenerli. Ale sa di cosa parla. Tra uno sgombero e l’altro, ha dovuto vivere con i suoi genitori dentro una baracca costruita in un orto di periferia abbandonato. È lì che doveva tenere le sue cose, mobili compresi, in attesa di ritrovare un tetto. Ha fatto tanti lavoretti, in famiglia adesso lavora solo sua madre, fa le pulizie in un ospedale, ma i soldi per un affitto non ci sono. L’ultima volta è stato sgomberato con la forza dalla polizia in assetto antisommossa che ha caricato gli abitanti del quartieri in presidio, compresi i bambini e le donne incinta. A San Siro dal 2009 si è costituto un comitato di abitanti, “abusivi” e non. All’inizio si trovavano in piazza Selinunte per organizzare manifestazioni e picchetti anti-sgombero, Poi sono cresciuti, adesso hanno uno sportello per la casa dove offrono assistenza ma chiedono in cambio partecipazione. A Sms non ci sono solo ex occupanti per necessità, ma anche persone che hanno perso la casa, classe media, colpita dai pignoramenti sempre più frequenti. Il comitato mette tutti insieme e impedisce che si sviluppi una guerra tra poveri dove tutti sono sconfitti. Adesso fanno parte di “Abitare la crisi”, la rete nazionale che chiede lo stop degli sfratti e degli sgomberi e che manifesterà il 19 ottobre a Roma con molte altre realtà.

A Milano, in piena era Pisapia, gli sgomberi continuano. Sia degli occupanti di case che degli occupanti di spazi sociali. La pasdaran della legalità a tutti i costi in tema di case, l’ex segretaria Sunia Carmela Rozza, prima è stata capogruppo del Pd a Palazzo Marino e poi è stata promossa assessore ai lavori pubblici. Il vice sindaco Lucia De Cesaris pochi giorni fa ha bacchettato i ragazzi del Cantiere che avevano organizzato una sessione di writing per colorire una squallido cavalcavia proprio di fronte ai mega grattacieli appena costruiti in zona Garibaldi-Repubblica. Pisapia qualche mese fa si è fatto fotografare con tutina bianca e pennello mentre copriva i graffiti. Immagini simbolo che stanno compromettendo il rapporto tra la giunta e quel vasto movimento che l’ha portata alla vittoria. Nel giro di poche settimana è stato sgomberato il centro sociale Zam – con tanto di manganellate ai cittadini venuti a protestare davanti a palazzo Marino – e Remake, ovvero l’occupazione del cinema Maestoso, uno spazio immenso inutilizzato in zona corso Lodi. In quell’occasione i manifestanti sono riusciti a entrare a Palazzo Marino e hanno scambiato qualche battuta con la vice-sindaco che per lo meno ha accettato un breve confronto. Nulla di più. Il comune ha appena annunciato di voler destinare uno grande spazio da 1.550 metri quadri vicino alla strada dei vip, corso Como. Sarà destinato a creativi, spazi espositivi, show room, co-working e il bando per l’assegnazione è aperto fino al 30 settembre. Ma per risolvere la fame di spazi della città ci vuole ben altro. Intanto Palazzo Marino sta cercando di capitalizzare – ovvero liquidare – una quarantina di palazzi di sua proprietà per far fronte a un bilancio sempre più magro e spolpato dalle enormi somme destinate a Expo 2015. E Pisapia dovrà trovare il modo di convincere il nuovo governatore lombardo, Roberto Maroni a rifinanziare l’Aler che, dopo vent’anni di Formigoni, ha un buco di 80 milioni di euro.
A Ferragosto i ragazzi del Cantiere e gli abitanti di Sms offrono un festa a base di tango proprio sotto le finestre di palazzo Marino sperando che il Comune li ascolti. Si tratta di una delle tante iniziative della kermesse itinerante “Occupy Estate” che coinvolge tutti gli spazi sociali e i movimenti milanesi e che si concluderà con un grande concerto ai primi di settembre.