Il salone affrescato al piano nobile della nuova sede l’aveva immaginato per il rilancio di Forza Italia. Ci entra invece come in un bunker soffocante, stipato di troppi giornalisti. È all’angolo, ma con un’arma segreta sotto braccio. Accanto a lui c’è solo Deborah Bergamini, l’ex dirigente Rai rimessa al centro della disorientata struttura di comunicazione del partito. L’arma segreta è un mazzetto di fogli rilegati, il «documento americano». È una delle nuove testimonianze – se ne promettono altre sei – che serve a chiedere la revisione del processo Mediaset, finito da 4 mesi con una condanna definitiva a 4 anni. Berlusconi fa la scelta comunicativamente peggiore, si mette a leggere l’affidavit per intero.

È stanco, non scandisce. Per un po’ non si capisce chi sia l’autore di questa testimonianza risolutiva. Il Cavaliere peggiora le cose parlandone qualche volta come un uomo qualche altra come una signora. Srotola una vicenda inafferrabile; il tono è grave, gli effetti comici. Mr. Gordon, Mr. Agrama e Mr Lorenzano ne sono i protagonisti, mentre resta sullo sfondo Mr. Chang. Gordon è un dirigente della Paramount, Agrama l’intermediario sui diritti tv che secondo tre gradi di giudizio agì da socio occulto di Berlusconi facendo lievitare i prezzi dei film per creare fondi neri, Lorenzano è un dirigente Mediaset. Alla quarta pagina si comincia ad afferrare il senso: i tre avrebbero in realtà truffato Mediaset. Berlusconi è vittima. Almeno così sostiene il documento giurato che è recentissimo, del 20 novembre. Il teste ha saputo solo di recente dei guai giudiziari di Berlusconi e interviene da Los Angeles per scagionarlo. È una donna: Dominique Appleby, ex manager della società di Agrama. Secondo quanto risulta alla procura di Milano sapeva del processo a Berlusconi da sei anni. Per esserne stata coinvolta: i pm milanesi l’hanno incrociata come Dominique O’Reilly (Appleby è il marito), sul suo conto sarebbe transitata parte dei versamenti Mediaset.

L’arma segreta dovrebbe servire a riaprire il processo. Gli avvocati del Cavaliere l’hanno innescata a Brescia, lì dove da vent’anni si infrangono i sogni berlusconiani di rivalsa sulla procura di Milano. L’esibizione nel bunker forzista serve a giustificare un’appello estremo: il senato si fermi e non voti domani la decadenza. Potrebbero arrivarci, i senatori, solo producendosi oggi in una maratona sulla legge di stabilità, che ieri sera non era ancora uscita dalla commissione. Il governo chiederà la fiducia, la conta sul Cavaliere può ancora cominciare il 27 come fu stabilito un mese fa. Ma non sarà velocissima.

Berlusconi pare abbia scelto di non intervenire, non certo per evitare di attaccare in aula quei magistrati che dall’indomani potrebbero decidere di arrestarlo, caduto lo scudo parlamentare. Non sono gli attacchi che si fa mancare, concentrandoli al solito su Magistratura democratica. No, il Cavaliere più probabilmente non regge l’emozione, anche ieri sul finale gli si è inceppata la voce. Stava dicendo «sono un cittadino esemplare». Ai «colleghi senatori» il Cavaliere si rivolge già adesso, con una lettera a quelli del Pd e ai 5 Stelle, trascurati gli altri. Se non ha voluto chiedere la grazia a Napolitano «per dignità», chiede però al Pd di ricordarsi che «abbiamo formato insieme un governo». E dei grillini omaggia «l’autentica passione politica e il sincero amore per l’Italia» nonché «la vostra opposizione chiara, trasparente e determinata». L’appello è senza freni, chiama in causa la coscienza, la storia e l’onore al cospetto dei figli. La richiesta però è moderata: si accontenterebbe di un rinvio. Il senatore decadente fa l’occhietto a quelli che considera inguaribili giustizialisti: in fondo si tratterebbe di lasciare l’ultima parola ai magistrati. I magistrati di Strasburgo, che hanno ricevuto un ricorso sulla retroattività della legge Severino, e i magistrati bresciani che dovranno esprimersi sulla richiesta di revisione del processo.

L’arma segreta finisce qui. C’è però un vecchio amico che torna utile. Pier Ferdinando Casini ha deciso di chiedere al senato di fermarsi sulla decadenza, e aspettare la sentenza definitiva della Cassazione riguardo all’interdizione (arriverà in primavera). La tesi è che a quel punto la decadenza sarà automatica e immediata e non si dovrà passare per uno scontro politico. È una tesi falsa, perché anche sull’interdizione è previsto il passaggio in giunta e il voto dell’aula. Casini comunque si farà apprezzare dal Cavaliere per il contributo che darà alla costruzione del martirologio. Nel frattempo Berlusconi sarà in piazza a guidare la protesta.