Boris Kagarlitsky è uno degli intellettuali della sinistra russa più noti a livello internazionale. Tra i suoi libri ricordiamo: The Revolt of the Middle Class (2006) e Empire of the Periphery: Russia and the World System (2008). «Skrypal? La vicenda non sta in piedi ma difficilmente ormai condizionerà il voto dei russi». Comincia così il colloquio con Kagarlitsky a poche ore dall’apertura delle urne.

Che dire dell’attuale situazione politica russa?
Forse in Occidente non ve ne siete accorti, ma siamo seduti su un vulcano. Gli equilibri interni al regime di Putin posso saltare da un momento all’altro. Ai tempi del «boom petrolifero», era possibile soddisfare tutti gli interessi. Le corporations si arricchivano ma aumentavano anche le spese sociali. E su questo è stato costruito il modello Putin. Ma ora non ci sono più soldi. O non ce ne sono abbastanza sia per le classi agiate sia per quelle subalterne. Soprattutto, Putin prima era un’indispensabile moderatore dei diversi interessi, ora inizia ad essere un ostacolo.

Resta la carta nazionalista…
Sì, Putin riesce ancora a tenere insieme la società attraverso il richiamo insistente al nazionalismo. La società russa è sempre stata patriottica, del resto. E sta ancora elaborando il lutto dell’umiliazione nazionale seguita al crollo dell’Urss nel 1991. Ma ora si scopre che per patriottismo, poveri e ricchi intendono due cose diametralmente diverse. Chi sta al vertice vuole che tutto resti immutato, mentre chi sta in basso crede che per «make Russia great again» i burocrati andrebbero imprigionati e le proprietà degli oligarchi vicino al Cremlino nazionalizzate.

Come si presenta allora la sfida elettorale, visto che Putin verrà sicuramente rieletto?
Putin e il suo staff vogliono il plebiscito. Che esca dalle urne il famoso «70×70», 70% di partecipanti e 70% di voti a Putin, ma ciò si può ottenere solo con la manipolazione del voto. La reale partecipazione non supererà il 35% massimo 40% e quindi ci saranno frodi.

Intende dire che Vladimir Putin manipolerà il voto?
Lo faranno i suoi governatori regionali. Soprattutto quelli appena eletti: alcuni non vedono l’ora di tornare a Mosca, e uno straordinario suffragio per Putin li aiuterebbe allo scopo. Una «regalia» non richiesta, ma apprezzata dal Cremlino. Bisogna aver chiaro che Putin non gioca più un ruolo decisivo. È stato un monarca britannico stile XIX secolo, una sorta di Regina Vittoria. Almeno fino a poco tempo fa. Ora invece molti suoi collaboratori stanno passando alla Repubblica.

E gli altri candidati?
Alexey Navalny è stato fatto fuori prima del voto. Era il più pericoloso dei candidati per Putin perché il suo obiettivo era prendere il potere e non solo partecipare al «grande gioco» come per gli altri concorrenti. Tra quelli in gara, ora quello più popolare è quello comunista: Pavel Grudinin. Malgrado gli scandali che gli sono piovuti addosso e malgrado i sondaggi pilotati lo diano intorno al 7%, in realtà è al 15%. Ma Grudinin non è né comunista né di sinistra. È un imprenditore di successo che ha accumulato la sua fortuna con la speculazione e con lo sfruttamento della forza-lavoro a basso costo del Centro Asia. La maggioranza dell’elettorato di sinistra non lo ama e sostiene il boicottaggio del voto. Sorprendentemente però Grudinin sta raccogliendo il voto di destra degli scontenti di Putin. Poi c’è Xenia Sobciak. Malgrado si presenti come candidata ultra-liberal punta a fare incetta del voto delle donne sole e con figli, un vero esercito non rappresentato politicamente. Continua ad essere data nei sondaggi al 1% ma probabilmente nella realtà è al 5%.

E quindi cosa c’è da aspettarsi dal dopo voto?
Ci saranno proteste di piazza è inevitabile. Il risultato ufficiale che uscirà dalle urne sarà troppo diverso dalla realtà sociale e politica del paese.

Ne approfitterà Navalny?
Non solo Navalny, molti scenderanno in piazza compresa la sinistra che si è schierata per il boicottaggio delle elezioni. Alexey Navalny sta aspettando solo la chiusura dei seggi, perché troppa gente sa che il voto sarà manipolato. Per molti versi egli assomiglia al vostro fenomeno del Movimento 5 stelle. Nelle province dove ho girato molti sostenitori di Navanly si definiscono di sinistra e sono dei giovanissimi completamente digiuni di politica. Navalny è ambiguo: chi ha scritto il suo programma sociale è un ex anarchico ora neokeynesiano mentre chi ha scritto il suo programma è economico è il classico intellettuale neoliberale. Dopo le elezioni comunque ci sarà una riconfigurazione del sistema politico. E l’immagine del paese cambierà. Qualunque cosa succeda, il potere sta uscendo indebolito da questa campagna elettorale.