Che la crisi di governo, in questo momento storico, costituisse un attentato alla salute pubblica con ogni probabilità era chiaro persino a colui che l’ha provocata. Che essa configurasse anche un vero e proprio vulnus allo stato della democrazia italiana, dopo quanto egli ha detto e fatto a Riad, sta lentamente diventando consapevolezza collettiva, malgrado il diffuso silenzio mediatico.

Non si tratta soltanto di sfacciato conflitto d’interesse su scala internazionale da parte del capo di un partito politico decisivo ai fini della sopravivenza della maggioranza esistente. Sarebbe ipocrita asserire che non siano esistiti e che non esistano casi analoghi nel nostro parlamento. L’elemento di novità consiste, però, nella pubblica ostentazione, tale da creare un precedente se non adeguatamente stigmatizzata, della propria adesione, in quanto parlamentare dello Stato italiano, ad un costituendo istituto con finalità di affari, promosso e finanziato da un altro Stato (il «Future Financial Initiative», promosso dall’Arabia Saudita).

In questo caso si travalica un’ ulteriore soglia. Fin dalla sua nascita come stato unitario, l’Italia è stata soggetta a forme di subordinazione nei confronti di questo o quel potentato straniero, con alleanze ed atti di governo conseguenti. L’impegno per la costruzione nel tempo di un’Europa unita da parte di stati sovrani, a cui il governo in carica ha contribuito in maniera importante, ha costituito per noi l’antidoto a questa tendenza.

Tuttavia, mai e poi mai un parlamentare italiano – e non un parlamentare qualsiasi, ma un parlamentare numericamente in grado di ricattare la sopravivenza del suo governo – si è messo pubblicamente al servizio di un altro stato. E quale stato! Qui non si tratta di qualche discorso a pagamento, come fanno soltanto EX uomini di governo, sia pure dal contenuto imbarazzante, o di scroccare qualche prebenda.

Il protagonista, anche da questo punto di vista, sa bene cosa sta facendo. Così acquista un senso la condizione da lui posta del riconoscimento ufficiale della sua parte politica nella costituenda maggioranza, accompagnata dalla precisazione che egli risponderà agli interrogativi sollevati dal suo viaggio a Riad soltanto a crisi conclusa.

La Costituzione prescrive il dovere di servire la Repubblica con dignità e onore. In questo caso sono le Camere a essere chiamate ad applicare questa norma a coloro che vi appartengono. La Camera dei Deputati e il Parlamento Europeo si sono opportunamente dotati di un apposito regolamento. Al Senato è sufficiente la Costituzione per imporre, con assoluta urgenza per le conseguenze che ne derivano, ad ogni suo membro la scelta di quale Stato servire.

In altre parole, vale il principio, formulato da Léon Gambetta, «se soumettre ou se démettre». Sottomettersi o dimettersi. Quanto alla formazione del nuovo governo, quello presieduto da Giuseppe Conte si è dimesso dopo avere conseguito la fiducia di entrambe le Camere per ragioni costituzionalmente inesistenti. Non è difficile prevedere che esso allargherebbe ulteriormente la sua maggioranza dopo quanto avvenuto a Riad e a seguito della sua sacrosanta decisione di annullare la fornitura di armi utilizzate per effettuare bombardamenti e aggravare le sofferenze della popolazione nel vicino Yemen.