Si tratta di una vicenda molto importante per comprendere la crisi greca. La storia è quella di Andreas Gheorgìou, ex responsabile dell’Ente statistico greco Elstat, il quale, nel 2009 certificò che il rapporto Deficit-Pil del paese era arrivato alla percentuale esplosiva del 15,4%. Una ricostruzione trattata, come spesso accade, con troppa superficialità da gran parte della stampa italiana.

 

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Ora, Gheorgìou (a capo dell’Elstat sino al 2015) è stato condannato in appello dalla giustizia greca, a due anni con la condizionale, per aver comunicato questi dati a Eurostat, senza avere prima informato il Consiglio direttivo dell’ente statistico ellenico.

All’interno del Consiglio ci sarebbe potuta essere un’approfondita discussione, visto che – secondo una serie di indiscrezioni – molti suoi membri avevano espresso seri dubbi e contrarietà riguardo a come si era proceduto al calcolo complessivo del rapporto Deficit-Pil di quell’anno. È opportuno ricordare che si tratta proprio dei dati che hanno contribuito a far scattare la messa sotto tutela della Grecia, l’avvio di un piano di sostegno internazionale (con notevoli titubanze e ritardi), l’arrivo della Troika e la disastrosa, quanto miope, politica di austerità.

In tutto ciò, dall’interno della Commissione Europea, ma anche da oltreoceano, si è chiesto l’annullamento della condanna di Gheorgìou, il quale, secondo i suoi sostenitori, ha solo reso noto dati statistici incontrovertibili. La questione, ovviamente, è tanto seria quanto delicata. Da una parte nessuno può mettere in dubbio che ci sia stata una mala gestione della cosa pubblica, negli anni precedenti la crisi, anche con una strana “distrazione” dell’autorità statistica europea. Dall’altra, però, non è certo possibile dire all’autorità giudiziaria di un paese democratico, come fare i processi ed emettere le sentenze.

Non è un caso che l’Unione Ellenica di giudici e pubblici ministeri, abbia voluto prendere posizione con una nota ufficiale in cui si sottolinea come l’autorità giudiziaria greca e le leggi del paese «abbiano l’obbligo di trattare in modo paritario tutti i cittadini, senza che rivesta nessuna importanza un loro eventuale rapporto speciale con enti o istituti sottoposti all’autorità della Commissione Europea». Il messaggio, è abbastanza chiaro.

Inoltre, Manòlis Drettàkis, ex ministro e professore di economia, analizzando ancora più in profondità il caso in questione, ha più volte ricordato che nel calcolo del rapporto Deficit-Pil del 2009, per la prima volta sono state inserite diciassette società del settore statale e parastatale, le spese sanitarie del periodo 2005/2009, come anche una serie di titoli derivati (gli off market swaps), sottoscritti dallo stato greco negli anni 2001/2007.

Scelte che hanno provocato forti critiche e perplessità da parte di una serie di economisti. Inoltre, come ricorda il professor Drettàkis «in media, da questo calcolo, il deficit pubblico del 2009, è risultato più del doppio di quello registrato nell’intero compreso tra il 2005 e il 2008».

Forse, quindi, prima di comunicare dati che hanno di fatto imposto al paese la firma di tre memorandum «lacrime e sangue», con scelte che hanno aumentato di un terzo il debito pubblico, una discussione e un’analisi più approfondita all’interno dell’Estat sarebbe potuta essere quantomeno utile. Quanto a condanne e assoluzioni, la giustizia greca, e le decisioni della Corte Suprema, potranno dire, come in ogni paese democratico, l’ultima parola.