Nel quartiere di Tower Hamlet, East End di Londra, una bimba europea «cristiana» di cinque anni è stata data in affidamento per sei mesi a due famiglie musulmane ortodosse dove non si parla – o si parla stentatamente – inglese, si indossano niqab e burqa e naturalmente non si mangia maiale.

Insomma ambienti dove, riporta il Times di Rupert Murdoch che ha pubblicato per primo la notizia, prevale una «interpretazione dell’Islam influenzata dal salafismo che spesso disprezza i valori liberali occidentali».

Alla piccola, nata in Gran Bretagna e di madrelingua inglese – anche se quasi sicuramente da genitori non britannici – è stata tolta la catenina con il crocefisso e proibita l’amata carbonara.

Le è stato detto che le donne europee sono «sciocche e alcolizzate», che «Pasqua e Natale sono feste stupide» e probabilmente ogni altra sorta di litanie antioccidentali, oltre al fatto – meno deprecabile – che dovrebbe imparare l’arabo.

La piccina è prevedibilmente scossa e non ha nessun voglia di tornare in custodia di una tal famiglia adottiva; la madre naturale lo è altrettanto.

L’affidamento, contro il volere dei genitori naturali, è stato deciso dal council di Tower Hamlets, uno dei luoghi dalla maggior percentuale di immigrati della capitale e dunque tra i più poveri in assoluto del Paese, al centro di un vespaio di polemiche per irregolarità gestionali e altre problematiche serie.

In situazioni del genere, i servizi sociali del borough sono debitamente tenuti a considerare «la persuasione religiosa, l’origine razziale e il background culturale e linguistico» del bambino: tutti elementi evidentemente trascurati da chi ha preso questa decisione, e per la quale non è stata data una spiegazione.

L’affidamento – non, si badi, l’adozione – di un minore comporta naturalmente la percezione di un sussidio, prospettiva che in una zona così povera gioca evidentemente un ruolo nella scelta di offrirsi come foster parents, spesso con buona pace della genuinità della vocazione genitoriale.

In Gran Bretagna c’è endemica carenza di famiglie di cosiddette «minoranze» etniche disposte a offrire affidamento, il che porta spesso, come anche riportato dal Times, al fatto che bimbi non bianchi siano affidati a genitori bianchi. Quasi mai avviene il contrario: le proporzioni di bambini e famiglie bianchi nelle due categorie sono schiaccianti, con rispettivamente il 77% per gli uni e l’84% per le altre.

È un fenomeno acuito dal mutamento della geografia etnica del Paese: secondo l’ultimo censimento del 2011, l’80% della popolazione era white British, un valore che a Londra scendeva al 45% e addirittura al 31% nella zona di Tower Hamlets, dove soltanto il 24% dei bambini dati in affidamento sono di origine europea e dove la povertà infantile – che in Gran Bretagna è la più alta d’Europa – è anche la più alta della capitale.

La notizia della «bimba cristiana» affidata ad una famiglia musulmana, riportata dal quotidiano di Murdoch e ripresa gioiosamente da tutta la stampa xenofoba, Daily Mail ed Express in testa, pare fatta apposta per stimolare la salivazione di chi – siano belve umane come Breitbart, Forza Nuova o Britain First – cerca ovunque le prove dello scontro di civiltà, propagandando isolati episodi di razzismo ai danni dei «cristiani» per meglio giustificare il proprio.

L’East End, parte povera di Londra anche oggi nonostante la gentrificazione, è sempre stata un luogo di minoranze altrove perseguitate: ebrei, ugonotti e non/meno abbienti in generale. Il tutto naturalmente a ridosso dei magnifici grattacieli di cemento e acciaio che architetti – siderali o meno – disegnano instancabilmente nell’attigua City.

Nell’era Blair fu anche deciso il parziale decentramento della zona bancaria proprio nei Docklands, la parte di Tower Hamlets che da porto dismesso e derelitto è diventata zona residenziale raggiungibile, redditualmente, più o meno solo da banchieri.

È in quartieri miseri come questo – o nella Kensington di Grenfell, il recente inferno di fuoco, carne e plastica che ha fatto vittime invisibili in un quartiere tra i più ricchi del mondo – che accadono cose simili.