Mai come in questo momento, tornare al pensiero di Alessandro Margara può essere importante.

D’altra parte, la grandezza delle persone e del loro operato, si misura proprio dalla capacità prospettica che hanno mostrato, dalla plastica resistenza alle trasformazioni culturali e sociali che le loro riflessioni e convinzioni riescono a mantenere nel tempo.

E allora, bisogna riprendere una fugace, ma altrettanto acuta, affermazione dell’uomo e magistrato Margara, quanto nella sua prima Relazione annuale da Garante dei diritti dei detenuti della Regione Toscana, nel 2012, in Premessa, scriveva: “Sono convinto che la questione penitenziaria si collochi in un punto strategico e di forte crisi di questo mondo dopo Cristo, con una espressione che temo non voglia dire, come è d’uso, dopo l’apparizione di Cristo, ma dopo la sua sparizione”.

Ebbene, di acqua sotto i ponti ne è passata molta nel giro di poco meno di un decennio, ma il carcere, oggi ancor più di ieri, sembra echeggiare alla sparizione di Cristo, più laicamente intesa da Margara come quel rischiosissimo declivio dei diritti, lungo il quale tutti hanno da perdere, soprattutto chi già attraversa una condizione di vulnerabilità sociale o di vera e propria esclusione.

E come non individuare tra questi, appunto, le persone detenute, sovente ed impropriamente esposte all’incertezza dei diritti, quegli stessi diritti alla salute, alle relazioni familiari e sociali, allo studio ed al lavoro, ad un pieno reinserimento sociale che – in nome di una mal interpretata, ma anche mal riposta, richiesta di certezza della pena – subiscono continue contrazioni, revisioni, frizioni, sospensioni, timide concessioni.

Tutto questo, nella lettura di Margara, sta dentro un quadro generale in cui il “mondo penitenziario” ha avuto, per così dire, delle “occasioni”: le riforme penitenziarie del 1975 e del 1986 che, nel tempo, hanno perso di efficacia, propulsività, passione, a causa principalmente di quella sparizione dei diritti che, in primo luogo, travolge i più deboli, coloro che maggiormente hanno bisogno di tutele e di certezza dei diritti.

Il Covid-19 che, d’un tratto, rende esplicita la fragilità della nostra organizzazione sociale, esemplificando a tutti – per quanto in maniera necessitata – il significato di “chiusura”, “blocco”, contrazione delle libertà personali di movimento e di scelta, scarica i suoi effetti più devastanti proprio sui più vulnerabili: gli anziani, i detenuti, i disabili, i precari.

L’emergenza pandemica ha certamente fatto vacillare la nostra società, una società in cerca di maturità.

Quanto accaduto nelle carceri italiane negli ultimi mesi: dai tredici decessi tra i detenuti d’inizio pandemia, alla fortissima contrazione delle relazioni familiari, al larghissimo blocco di gran pare delle attività formative, culturali e lavorative, fino alle polemiche attorno alle cosiddette scarcerazioni facili, segnala una gestione delle carceri in estrema difficoltà, inadeguata, esito di anni di incertezza attorno alle politiche penal-penitenziarie, basti pensare al sostanziale fallimento degli Stati generali dell’esecuzione penale e delle riforme annunciate, le quali, forse, avrebbero potuto inaugurare una nuova stagione dei diritti, almeno in carcere.

Oggi pomeriggio, a partire dalle ore 15.00, a quattro anni dalla scomparsa di Margara (leggi qui e qui), torneremo a riflettere con tanti amici su questi temi, nel webinar intitolato: Il carcere dopo Cristo nell’emergenza della pandemia. La gestione irresponsabile delle carceri e l’attacco alla Magistratura di sorveglianza.

Non sarà una commemorazione ma una occasione per trovare obiettivi puntuali di lotta, per ottenere riforme indilazionabili. Sarà presentato l’Archivio Sandro Margara, appena costituito come luogo di studio e di ricerca.

Per partecipare: www.societadellaragione.it/margara