Nella lunga lista dei 48 nomi contenuti nell’ordinanza di applicazione delle misure cautelari firmata dal gip Flavia Costantini non compaiono i nomi di chi sul Cara di Mineo, il centro richiedenti asilo più grande d’Europa, ha edificato nel corso di quattro anni il sistema di business sociale che ha pervaso e condizionato l’economia del territorio calatino e non solo.

Eppure, nonostante all’indomani della prima ordinanza sull’inchiesta, avessero spergiurato di non essere coinvolti, nonostante le parole rinvenute nelle intercettazioni telefoniche e ambientali di Luca Odevaine, compaiono i nomi di Giuseppe Castiglione allora presidente della provincia di Catania, di Giovanni Ferrera, direttore generale del Consorzio di comuni che amministra il Cara.

Mentre su ordine della Procura etnea in coordinamento con la procura di Roma sono state eseguite numerose perquisizioni nelle sedi degli uffici che avrebbero un legame con le attività del centro menenino, tra cui quelli del Consorzio Sol Calatino – Società Cooperativa Sociale, facente parte dell’Ati che gestisce a oggi i servizi all’interno del Cara ed anche presso i locali della provincia regionale di Catania.

Dice Odevaine al commercialista Bravo spiegando le relazioni tra il ministero degli Interni guidato da Alfano, quello delle Opere pubbliche di Lupi, e Comunione e Liberazione che fa capo alla Cascina Global Service che della ristorazione nel business del sociale ha fatto preponderante attività: «Castiglione fa il sottosegretario … all’Agricoltura però … ed è il loro principale referente in Sicilia cioè quello che poi gli porta i voti, perché poi i voti loro …inc… ce li hanno tutti in Sicilia … io li ho messi insieme e si è strutturata questa roba e dopo di che … abbiamo fatto questa cosa di Mineo … e la prima gara io ho fatto il Presidente della Commissione e poi c’è stata una seconda gara … e poi adesso questa è la terza praticamente e in tutte e tre io ci so stato in Commissione …».

E allo stesso il 14 e 21 marzo 2014 parla di bando «blindato» riferito a quello che stava per essere pubblicato e di cui avevano parlato con Castiglione a pranzo una volta a Catania.

Già nell’ordinanza del 28 novembre scorso era parso chiaro che il sistema di corruzione riguardante le attività sociali e in particolar modo dell’emergenza-immigrazione avesse come perno le attività, i sodalizi e le operazioni mediatrici di Luca Odevaine. Odevaine è stato responsabile delle relazioni istituzionali del Cara di Mineo, nominato esperto consulente del Consorzio Terra d’Accoglienza che nel maggio 2013 accoglieva la segnalazione dell’allora presidente del Consorzio e della Provincia etnea Giuseppe Castiglione. Incarico prorogato sino agli inizi del 2014 e poi al 2016 dal sindaco di Mineo Aloisi (Ncd), presidente della prima gara d’appalto sui servizi al Cara di Mineo e membro delle commissioni giudicatrici dei due successivi, vinte sempre dalla stessa Ati di cui di volta in volta cambiava solo l’ente capofila: Casa della Solidarietà, Sisifo, Sol.Calatino, Senis Hospes, Cascina Global Service, Pizzarotti e c. spa, ed anche il comitato provinciale della Croce Rossa Italiana che agli inizi dell’emergenza Nord Africa e dell’utilizzo della struttura per l’accoglienza dei profughi aveva ricevuto assieme alla Protezione civile un mandato di gestione in stato di emergenza straordinaria.

Dopo essersi dimesso dall’incarico di consulente, a metà del 2014, era stato assunto come collaboratore a tempo determinato part-time dell’Ufficio Progettazione, gestione e rendicontazione fondi europei, sempre nominato dal Consorzio Terra d’Accoglienza. Un esperto multitasking, spesso presente nel complesso di proprietà della Pizzarotti una volta occupato dai militari di stanza di Sigonella.

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Si legge nella lunga ordinanza «nella sua qualità di presidente della commissione aggiudicatrice della gara pubblica indetta il 5.8.2011, avente per oggetto l’erogazione delle forniture e dei servizi relativi al Cara di Mineo; componente della commissione aggiudicatrice della gara del 30.12.2011; del 7 aprile 2014 dal Consorzio Calatino Terra D’Accoglienza, per la durata di tre anni, assieme a Comissa, Ferrara, Menolascina facenti parte dell’amministrazione della Coop Di Lavoro La Cascina, Parabita anche componente del cda della Domus Caritatis Società Coop. Sociale, turbava l’iter delle gare d’appalto attraverso condotte fraudolente e collusioni preventive consistenti in accordi finalizzati alla predeterminazione dei soggetti economici che si sarebbero aggiudicati le gare».

Per questa sua illegale operosità dopo l’aggiudicazione della gara del 7 aprile 2014 aveva ricevuto in cambio l’allettante promessa di una lauta ricompensa mensile, 20mila euro anziché i 10mila di un primo momento.

L’ultima ordinanza che fadi nuovo tremare mezza Italia arriva dopo anche l’intervento dell’Autorità Anticorruzione che il 5 marzo aveva bollato l’ultimo bando di gara illegittimo e a distanza di una settimana dalla visita della Commissione parlamentare d’inchiesta sui Cara e i Cie al centro di contrada Cucinella. A conclusione della missione il presidente Gennaro Migliore aveva espresso perplessità sulla gestione dei servizi alla persona e all’integrazione dei richiedenti asilo, annunciando l’intenzione di chiedere al Consiglio Superiore della Magistratura e al ministero della Giustizia di dedicare sezioni esclusive nel territorio volte a smaltire i numerosi ricorsi pendenti ed evadere le richieste d’asilo che a migliaia si sono accumulate negli anni. E che hanno creato un circolo vizioso, utile anche a ingrassare le casse di chi opera nel settore. In più, dopo aver ascoltato diversi soggetti, la commissione ha considerato necessaria anche un’approfondita indagine sui bandi «per capire come sia stato possibile che dall’emergenza a oggi questa associazione sia di fatto egemone, costituendo un monopolio».
Cosa che in seguito alle indagini della magistratura sembra man mano chiarirsi, mentre le trame si svelano.