Il decreto legge denominato «sicurezza e immigrazione» varato lo scorso 4 ottobre dal governo fa acqua da tutte le parti sul piano della legittimità costituzionale. Lo dicono giuristi e costituzionalisti, tant’è che ieri durante l’esame nella commissione Affari costituzionali il senatore Gregorio De Falco ha rotto gli indugi sui malpancismo dei parlamentari più vicini al presidente dell’Aula Roberto Fico e ha chiarito che per quanto lo riguarda non intende ritirare gli emendamenti del Movimento Cinque Stelle sul provvedimento voluto dal Carroccio.

DE FALCO, già comandante della capitaneria di porto di Livorno durante il naufragio della Costa Concordia e che prima dell’Accademia navale si è laureato in Giurisprudenza, ribadisce che senza alcuni emendamenti a sua firma, ritenuti «essenziali», avrebbe «difficoltà a votare il decreto». «Ci sono alcuni principi – spiega – sui quali non posso deflettere, avendo giurato sulla Costituzione, da militare, e mantengo questo giuramento». «La questione – continua – è molto semplice: seguo le indicazioni del presidente Mattarella», e non quelle – è inteso – che in ultima istanza dovessero venire dal vice premier Luigi Di Maio in nome della concordia – parola che ritorna nella vita di De Falco – con l’alleato leghista. Le sue perplessità riguardano in particolare il giro di vite sulla protezione internazionale ma non ha mai fatto mistero di considerare anche la chiusura dei porti – cosa che non si è mai tradotta da tweet a provvedimento scritto ndr – un fatto «contrario a obblighi giuridici internazionali oltre che morali». Fino a ieri l’accordo Lega-M5S era quello di ridurre da 81 a 19 le correzioni da apportare al testo, ora sembra saltato.

A VEDERE LE CRITICHE dei giuristi però il decreto n°113 non è proprio emendabile, dovrebbe essere solo ritirato. Lo chiede espressamente l’Asgi che sulla sua incostituzionalità ha pubblicato il 18 ottobre un parere «in punta di diritto» del professor Alessandro Pace sul suo sito. Pace fa notare che la decretazione d’urgenza, per altro assai discutibile su un provvedimento «disomogeneo», non può essere retroattiva, quindi non si applica a chi ha messo piede sul territorio italiano prima del 5 ottobre 2018, quando il decreto è entrato in vigore.

IL TRIBUNALE DI MILANO sezione Immigrazione, proprio in virtù del fatto che il decreto n° 113 manca di norme transitorie per le domande di asilo pendenti, ha già chiarito che «non può applicarsi ai processi in corso in merito alla richiesta di permessi umanitari». In pratica è un flop: le domande d’asilo sono drasticamente calate e le 336 mila presentate prima del 5 ottobre dovranno essere esaminate con le vecchie norme. Per il professor Giulio Illuminati della Luiss «si tratta di norme criminogene, non da Stato di diritto, che criminalizzano soggetti vulnerabili».

CON LUI AL CONVEGNO su «L’apartheid giuridico» organizzato due giorni fa dall’Anpi, la professoressa Rosa Ruggiero chiede di ostacolare «con qualsiasi strumento democratico» il decreto, in particolare la norma che prevede la revoca della cittadinanza italiana a fronte di una sentenza di condanna per reati eversivi e di terrorismo. «Deve essere chiaro – dice – che quando si parla di cittadinanza non si parla di stranieri ma di noi, la cittadinanza non è revocabile, né differenziabile, men che meno per ragioni che hanno a che fare con opinioni politiche».