La Rete, questa nostra conosciuta. Medium universale che ha rispecchiato, accelerandolo, il mutamento in corso di stili di vita, relazioni personali e sociali. E soprattutto sistema di macchine indispensabile in un processo produttivo ormai disseminato ovunque. Dispositivo, infine, che definisce i criteri di inclusione o di esclusione dalla società se si accetta il fatto che la Rete non può essere rappresentata solo da tastiere, video e mouse variamente connessi gli uni con gli altri, perché ci sono miliardi di smartphone con i quali navigare, condividere contenuti, comunicare. È questo il punto di partenza di due saggi scritti da altrettanti teorici della network culture che non cadono nella trappola di considerare Internet una «tecnologia della liberazione».

Il primo è L’arte della rivolta (Stampa alternativa, pp. 142, euro 15) del francese Geoffroy De Lagasnerie dedicato alle politiche radicali in Rete a partire dalle figure di Edward Snowden, Julian Assange e Chelsea Manning. Il secondo volume è invece del filosofo tedesco di origine coreana Byung-Chul Han, guru della critica al potere manipolatore della Rete che, in questo caso, si concentra sulla Espulsione dell’Altro (Edizioni nottetempo, pp. 108, euro 13), resa possibile proprio da Internet.

DUE TESTI CRITICI, che intraprendono però percorsi divergenti, se non oppositivi l’uno con l’altro. Byung-Chul Han è un fustigatore della Rete; ne analizza i lati oscuri, le ambivalenze sia che scriva di Società della stanchezza, di Eros in agonia, de La società della trasparenza, lasciandosi andare allo Sciame di post e messaggi dei social network; ha provato, infine, a districare il nodo scorsoio della Psicopolitica. Tutti libri brevi, scritti con uno stile sincopato e tuttavia semplice, nonché fortemente allusivi ai grandi temi della filosofia novecentesca che ne hanno garantito il successo editoriale. In questo ultimo scritto, le frasi si susseguono quasi senza soluzione di continuità. Lo stile è aforistico e fa il verso ai Minima Moralia di Theodore W. Adorno, filosofo più volte indicato come fonte ispiratrice della sua teoretica, anche se è a Martin Heidegger che occorre guardare per capirne la costellazione filosofica. Testo, quindi, di non facile lettura.

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Il corpo sociale, scrive l’autore, è un corpo malato di ipercomunicazione, iperconsumismo, permissività e della continua ricerca di affermazione individuale. Patologie che inducono una generalizzata depressione perché il senso di inadeguatezza individuale prevale rispetto il dominio del «numerico» (la somma dei like ricevuti in Rete, la quantità di merci da acquistare, l’ammontare dei componenti della comunità di simili alle quali si partecipa nei social network). Una depressione scatenata anche dell’imperativo dell’uguale, altra parola chiave della vita sociale. Per essere connessi, infatti, bisogna essere uguale all’altro, cancellandone l’alterità, la negatività, fattori indispensabili per definire la propria individualità.

LA RETE, invece, privilegia un arido sé, forma funzionale alla trasformazione di ogni vivente umano in imprenditore di se stesso. Per questo, la stabilità della Rete è possibile solo attraverso la proliferazione dell’uguale. Evidente è la contraddizione, che il filosofo coreano ignora, sulla centralità del sé nel regno. Come si può essere imprenditori di se stessi all’interno del regno dell’uguale? Per il filosofo coreano è una contraddizione risolta con la falsa coscienza della diversità, dell’autenticità del sé, contrapposto all’«io». Ma qui Byung-Chul Han scambia uguaglianza con omologazione.

EMERGE in questo saggio una visione nostalgica del rapporto con l’altro – la negatività indispensabile per una buona vita. Fattore centrali negli ultimi due capitoli, dove l’autore prova a definire la cancellazione dell’Altro come elemento indispensabile dei rapporti sociali neoliberisti. Un terreno minato, che l’autore prova ad attraversare rimanendo tuttavia paralizzato da una visione «morale», «naturalistica» della società contemporanea.

Per Byung-Chul Han, le patologie del corpo sociale si sviluppano quasi fossero malattie naturali, prospettando il neoliberismo come uno stato di natura dal quale emanciparsi attraverso una sofferta terapia che riproduca e ripristini il dualismo tra natura e cultura. Da questo punto di vista l’approdo del saggio è conservatore, anche se il suo è un conservatorismo atipico. Non c’è infatti un ordine sociale naturale da ripristinare, né gerarchie e forme di vita preferibili a quelle imposte dalla modernizzazione. Il suo conservatorismo sta nell’individuare nella filosofia il solo mezzo per superare lo stato di minorità degli umani rispetto la tecnica. Quella di Byung-Chul Han è dunque una metafisica consolatoria che non si propone nessuna trasformazione del vivere sociale se non quella dell’«interiorità».

Lagasnerie

DIVERSO è il libro di Geoffroy De Lagasnerie. Anche se dedicato a Snowden, Assange e Manning, nulla viene detto sulla loro vita o sulle azioni che hanno condotto per denunciare i tentativi di controllo della Rete portato avanti da imprese e stati nazionali. Raffinato lettore di Michel Foucault, De Lagasnerie si concentra proprio su un aspetto reso possibile dalla Rete, l’anonimato. Tanto più immersi in un contesto che favorisce lo sviluppo di una «soggettività sfaldata» – cioè non ricomponibile sotto le bandiere della nazione o della cittadinanza – tanto più è possibile aderire a una pratica di liberazione che ha nella fuga e nella sottrazione alla Legge, la sua leva. L’anonimato, la pubblicazione di materiali «sensibili», cioè segreti, svela così l’insanabile contraddizione dello stato liberale: propaganda la libertà, ma si fonda sul segreto e su spazi celati, extralegali. L’anonimato rende cioè possibile quell’operazione ribelle che presume di poter dire che il «re è nudo», quando invece la legge sostiene il contrario.

È su questo crinale che «l’arte della rivolta» diviene possibile, perché riconfigura il rapporto tra governanti e governati a favore di questi ultimi. È un esodo dalle strutture del dominio che si differenzia anche dalla disobbedienza civile. Quest’ultima, orizzonte di molti movimenti sociali sin dagli anni Sessanta del Novecento, rifiutava la legge per istituirne un’altra più autentica, meno oppressiva. L’anonimato e le azioni di gruppi come Wikileaks o di Anonymous non vogliono però sostituire la legge dominante con un’altra, ma solo sfuggire ad essa per fondare pratiche di liberazione che possono fare a meno dello Stato.

ATTITUDINE LIBERTARIA, quella di Geoffroy De Lagasnerie. Ingenua, certo, ma più aperta alla trasformazione dei rapporti sociali di quella crepuscolare di Byung-Chul Han. In gioco, infatti, c’è il Politico, cioè quella possibilità di modificare, sovvertire i rapporti di potere dominanti. E se per Byung-Chul Han questo ha come sfondo il ripristino di un neutro rapporto con l’altro – neutro perché depurato dai rapporti di sfruttamento vigenti nella produzione della ricchezza -, per il filosofo francese possiede l’orizzonte di pratiche collettive delle «soggettività sfaldate». L’obiezione che si può, anzi deve, fare all’arte della rivolta qui proposta è che il potere destituente sviluppato da esperienze di mediattivismo come quella di Wikileaks o di Anonymous è solo il primo di un movimento che punta alla costruzione di istituzioni, forme di vita dove la libertà passa attraverso la scoperta dell’umana natura sociale del vivere insieme. E che solo così si può operare politicamente per un mondo dove le condizioni di vita non passino attraverso la propria trasformazione in capitale umano o dove la legge è un potere arbitrario sulla vita dei singoli.

 

Il conservatore e il libertario

Byung-Chul Han è nato a Seul, ma si è trasferito in Germania, dopo ha completato il suo percorso di studi. Docente di Filosofia e Studi Culturali alla Universität der Kunste di berlino ha pubblicato numerosi saggi. In Italia sono stati pubblicati «La società della stanchezza», «Eros in agonia», «La società della trasparenza», «Nello Sciame», «Psicopolitica», (tutti per Nottetempo) e «Razionalità digitale. La fine dell’agire comunicativo» (GoWare). Geoffroy De Lagasneire insegna invece all’École Nationale Supérieure d’Arts di Parigi. In francia ha pubblicato «Logique de la création» (Fayard), La Dernière Leçon de Michel Foucault» (Fayard), «Juger. L’État pénal face à la sociologie» (Fayard).