Esiste un’epica che tenga conto della differenza sessuale? Se sì, in quali forme e narrazioni può configurarsi? Rispetto alle eroine – mimetiche nel significato alla misura maschile dell’eroe – Epiche. Altre imprese, altre narrazioni, a cura di Paola Bono e Bia Sarasini (Iacobelli, pp. 239, euro 14,90) coglie nel segno e agita il tema dell’epica femminile, discusso già nel 2009 al X seminario residenziale della Società Italiana delle Letterate.
Dipanate in dieci bellissimi saggi, le parole chiave che tessono e ritessono il titolo del volume, sono appunto eroina, impresa, coraggio, mondo, spostamento. Punti di una riflessione più lunga che sia critica e politica, riscontrano un legame profondo con un canto epico dell’esperienza femminile insieme a una serie di distinguo sui quali vale la pena soffermarsi. L’intenzione infatti non è di includere scritture di donne dentro un canone epico di matrice tradizionale, si tratta piuttosto di fare i conti con due elementi: il primo è la domanda rispetto allo stesso termine «epica» che, nella scena contemporanea, viene attribuito al quotidiano, all’elegiaco e finanche al domestico giocando tra i vari generi letterari. Il secondo è che dar voce a una collettività, esprimendone valori e aspirazioni, non necessariamente si conclude nella litania critica dei «cavalier l’arme e gli amori» sullo sfondo guerresco di indicibili vittorie. L’impresa è ancora una volta «fare mondo», squadernando i paradigmi vetusti di una disposizione del reale che non riesca ad assumere la differenza sessuale come posta in gioco etica e politica della contemporaneità. Ci vuole coraggio, come ribadiscono Paola Bono e Bia Sarasini nella efficace e accurata introduzione al volume, ma è questo il primo spostamento: interiore e fisico. Sono movimenti di ordine simbolico e dislocazioni di corpi, lingue e risignificazioni degli scenari presenti.
Le analisi individuate si giocano nella molteplicità delle scritture femminili e nella metamorfica apparizione dell’epica come categoria non più ancorata alla disamina classica che da Aristotele è giunta fino ai Romantici bensì a una pluralità di connessioni complesse. Così come ampie si presentano le traiettorie tracciate dalle donne che hanno scritto i saggi composti per il libro.
La prima apertura è alle scrittrici del Novecento italiano segnate da Laura Fortini attraverso Menzogna e sortilegio di Elsa Morante, Nascita e morte della massaia di Paola Masino, Ballata levantina di Fausta Cialente e L’arte della gioia di Goliarda Sapienza. Modesta conchiude in sé la «stramba epopea morantiana» così come l’invettiva epica della massaia di Masino per farsi casa di se stessa in ideale risposta alla Daniela di Cialente. Tutte le protagoniste «diversamente epiche» dei romanzi osservati traversano e salutano il Novecento con signoria e libertà.
Lungo le narrazioni di Helen DeWitt, Caterina Venturini e Kiran Desai, è Sandra Petrignani a fare i conti con le difficoltà di tornare a un’epica classica. Quelle che prende in esame sono storie di precarietà esistenziali dove la fine del viaggio, interiore o effettivo, rammenta non il manifestarsi di gesta eroiche e vittoriose bensì di umane vulnerabilità.
Grazie alla lucida e partecipata riflessione di Mariella Gramaglia e alle scritture di donne che tessono e tengono «eroicamente» la trama relazionale fra le comunità, ci avviciniamo all’India e al film Earth di Deepa Mehta tratto dal romanzo di Bapsi Sidhwa, La spartizione del cuore.
Tra performatività e reinvenzione di sé, anche Serena Guarracino analizza alcune eroine nel cinema indiano della diaspora. La dimensione molteplice di regine e viaggiatrici, personagge potenti e impreviste, consegna una riscrittura della mitologia dell’epica alla luce delle tecnologie del sé sessuato.
Antigone, Penelope e Medea si fanno largo nella genealogia di personagge commentate da Lidia Curti. Decostruite nei destini patriarcali per la lettura di Cavarero, Zambrano, Irigaray, Wolf e molte altre, riflettono una storia altra, nel fare e disfare della stessa presunta identità, il viaggio, lo spostamento e la migrazione materiale e simbolica.
L’interrogazione intorno allo scarto tra la rilettura di alcune eroine classiche e l’epica propriamente intesa, è il centro del saggio di Marina Vitale. In quello scarto, sottratto alla rapina della storia, vi è un guadagno ineludibile, ma soprattutto preziosa possibilità di rilettura, come capita nella riproposizione di Helen in Egypt di Hilda Doolittle.
Monica Luongo analizza le narrazioni di Anne Tyler, Anita Brookner, Antonia Byatt fino ad arrivare a Valeria Parrella, in qualcosa cioè che delinei l’epica del quotidiano, il dentro/fuori tra la casa e il mondo.
Bia Sarasini si confronta con la cura, tema caro a lei e al gruppo del mercoledì di cui fa parte, ma anche con l’ira e più specificamente con la parabola di Martha Quest, collocando la personaggia del ciclo I figli della violenza di Doris Lessing tra storia del Novecento e destino femminile.
ideadestroyingmuros, collettivo femminista transfrontaliero, percorre alcune pratiche di attraversamento di confini geografici ma anche perimetri corporei, linguistici e identitari. La rabbia di cui scrivono non nuoce al desiderio di un mondo a venire di felicità, consentendo risemantizzazioni costanti di perdite e ritorni.
Paola Bono analizza efficacemente il poema in versi The Descent of Alette di Alice Notley, esplicito tentativo di un’epica femminile. È un’epica delle viscere quella proposta da Notley che decide di poetare l’ingranaggio tirannico di una immaginifica società che si fonda su una costruzione sotterranea, immersa nell’oppressione. La protagonista Alette discende fino al fondo e scopre se stessa, squaderna l’ordine e lotta senza mai entrare in guerra. Anche questo punto, insieme al dato esperienziale e al mutamento dovuto a fattori culturali, estetici e socio-politici, fa la differenza e conduce l’epica femminile verso un quadro di interrogazione profonda.