Classe 1966, ex giocatore di rugby, professore di Economia dell’energia al Bo, sposato con tre figli, un curriculum che spazia dagli incubatori ecologici all’Istituto Confucio, Arturo Lorenzoni è il candidato sindaco della coalizione civica nata sull’onda del risultato referendario e cresciuta fino a guadagnare le attenzioni della Padova alternativa che alle Comunali 2014 aveva raccolto oltre il 10% dei voti.

Ieri Lorenzoni era a fianco di Michele Bertucco, che a Verona si ripresenta anche lui in alternativa al Pd: «Il percorso che stiamo facendo ha molte similitudini e a Vicenza si sta costruendo qualcosa di simile, che rispecchia anche ciò che succede a livello europeo. La partecipazione diretta dei cittadini che non si sentono più rappresentati dai partiti sta emergendo in maniera dirompente» sottolinea il candidato del movimento che ha adottato il colore arancione già vincente a Milano. E aggiunge: «A Padova abbiamo intrapreso un cammino per molti versi sorprendente: in sei mesi siamo riusciti a coagulare una serie di forze e di mondi presenti in città, che prima erano disgregati. Duemila persone hanno aderito a gennaio al manifesto della Coalizione, 400 hanno scritto il programma, assemblee con un’amplissima partecipazione: testimonianza di un ritrovato interesse che fa ben sperare. Padova come Verona ha bisogno di un cambio di marcia, dopo la gestione della Lega che è stata umiliante da tutti i punti di vista: sociale, economico, culturale».

Ma Coalizione Civica non ha potuto sfidare alle primarie quella ispirata dal Pd e dai transfughi del centrodestra.

Noi abbiamo cercato prima di coagulare forze omogenee per poi coinvolgere quelle meno vicine. Il Pd ha scelto un’altra strada, anche se il fantasma del 2014 aleggiava solo per chi temeva le primarie. Si sarebbe potuto avere un candidato unico, legittimato dal voto del popolo di centrosinistra in un percorso più vicino alle attese dei padovani. Non è stato possibile, e non certo per responsabilità di Coalizione Civica.

Quindi la sfida alla Lega è rinviata al ballottaggio?

Se ne riparla il 12 giugno. Prima bisogna pesarsi nelle urne per capire quanto siano apprezzati percorsi, idee e candidati. Perché i nostri rimangono profondamente diversi rispetto a quelli di Giordani & C. Siamo un gruppo di persone ricche di entusiasmo e di competenze che non vuol certo rinunciare a un governo trasparente e pulito della città. Poi, con pragmatismo e ragionevolezza, posso immaginare che un accordo si troverà.

L’ospedale è sempre la Grande Fabbrica di Padova. Si era immaginato un nuovo polo sanitario in «project financing» con costi miliardari. Poi lo si voleva spostare da una parte all’altra della città. E per voi?

Sono più che persuaso che ci sia un solo modo per garantire una struttura a livello internazionale in tempi rapidi. Dotare Padova del nuovo ospedale nell’attuale sito del monoblocco e delle cliniche universitarie. Ma attenzione: un polo sanitario di eccellenza, in sintonia con la peculiare vocazione di Padova, da ricostruire e non certo da restaurare. Secondo Coalizione Civica, è sbagliato interrompere la rete di competenze che agisce all’interno della diagnostica terapeutica applicata nell’attuale Azienda ospedaliera universitaria. Anche da un punto di vista logistico-spaziale, l’ospedale è opportuno che si trovi al centro dei «vettori della conoscenza»,  sviluppati dalla ricerca e dalla didattica che fanno capo alla Scuola di Medicina. Porre il polo universitario e l’Azienda al di fuori di questo baricentro funzionale significa commettere un errore capitale.

Lavoratori migranti, rifugiati, stranieri residenti, minori non accompagnati: qual è il vostro approccio?

Vogliamo che il Comune aderisca al prossimo bando Sprar e promuova in prefettura un tavolo di monitoraggio che vincoli le cooperative che gestiscono l’accoglienza in emergenza. Quella per i richiedenti asilo deve diventare una parte necessaria ed integrante del welfare pubblico. Un presidio minimo di civiltà, che può diventare un motore di crescita e di sviluppo per le potenzialità di generare nuova economia, relazionale e cooperativa, e nuova società, aperta e inclusiva. Vogliamo soprattutto superare l’approccio emergenziale dei mega campi disumani, inutili e conflittuali, che si è rivelato dannoso per tutti.