Dieback*/ Fioriture è l’evoluzione, in chiave intima e astratta, di Theoria degli affetti #2 (2017), il progetto che Isabella Bordoni ha ideato a Vignola, nella Casa di riposo per anziani e malati terminali Giorgio Gasparini. Lì l’artista aveva allestito una galleria fotografica di volti, spazi e oggetti della casa e diffuso i suoni ambientali sotto forma di radiodramma urbano, nei luoghi pubblici della città. Qui, giorno e notte per due settimane con i malati di Alzheimer del «Nucleo speciale temporaneo demenza» dell’Asp di Ferrara, elimina la componente rappresentativa delle foto e dà forma esclusiva al suono, che è un senso intimo, più penetrante della vista. L’archivio di voci predisposto nel cortile dell’Asp, su due tavoli interattivi, restituisce frammenti di questa permanenza non facile, attenta e discreta.

PRIVO DI FIGURATIVITÀ, Dieback*/Fioriture immerge i visitatori nella malattia, che ridotta al suono non è meno visibile. Nella dimensione dell’ascolto si odono discorsi, respiri, urla, risate, deliri, sibili, pianti, applausi, silenzi e sussurri che ciascuno immagina a proprio modo. L’assenza di appigli figurativi porta a concepire immagini a partire da quei processi, per come permeano il visitatore e si tessono con la sua esperienza.
Nessuna voce è isolata. Dieback*/Fioriture ha di speciale l’ossimoro fra l’Alzheimer come regresso ed erosione dell’individuo alla radice – la Dieback delle piante – e l’intervento di altre persone, infermieri, operatori sanitari, medici, psicologi, familiari che, stando intorno al paziente per aiutarlo, conferiscono senso alla sua espressività, qualunque essa sia – la Fioritura. L’autocoscienza dei comportamenti e della perdita della memoria smette di essere un dramma, nel malato di Alzheimer, quando entra in campo l’ascolto, quando l’io sente l’altro con sé stesso. E allora dà corso a riserve cognitive e ricordi inframmezzati da esclamazioni, balbettii e vocalizzi, con incursioni del corpo e sbalzi d’umore. La Fioritura è l’interlocutore che riconosce comunque la parola del malato, lo legittima e sostiene nella sua teatralità, gli è prossimo nell’urgenza che ha di fare poesia del proprio dramma, di non essere dimenticato mentre dimentica.

IL CAMPO DELL’ASCOLTO dev’essere esteso e i tempi dilatati, perché il malato innesta all’esterno quel che rimane delle sue radici. Di qui, da parte dell’artista, il prolungamento della permanenza nel Nucleo in un «percorso urbano» tra ricovero e città: con un incontro fra il pubblico e Cristiano Chesi, professore allo Iuss di Pavia e direttore del centro di ricerca sul rapporto tra neurologia e sintassi Nets, con l’archivio delle voci, con l’installazione sonora di Alessandro Perini per canne e tronchi sonanti in un giardino privato di via Camposabbionario, con gli esperimenti di memoria e oblio in cui Isabella Bordoni, sollecitata da Giulio Costa, prova a ricordare componimenti scritti da lei tra il 1987 e il 2007. L’artista fa capire che i disturbi dell’Alzheimer non ci sono del tutto estranei. Gradi e soglie, non una frontiera, separano sanità e malattia: i germogli di questo linguaggio vanno cambiati di segno, per prendere cittadinanza.