Non è un torneo solo in bianco e nero. Almeno per ora, ma difficilmente lo sarà. Stasera si gioca la quinta giornata di campionato (ieri sera l’anticipo tra Milan e Lazio) e la notizia da qualche giorno pare sia che la Juventus non possiede le frecce in faretra per mettersi il torneo sulle spalle e scortarlo al traguardo. La sconfitta con l’Inter a San Siro, Gonzalo Higuain in panchina per 75 minuti a mordicchiarsi le unghie con Mandzukic in campo, le colpe di Max Allegri per aver lasciato fuori l’argentino, in campo il partito dei colpevolisti e dei seguaci del tecnico, i vuoti nel centrocampo juventino, l’eventuale cambio di modulo.

Una serie di fattori, di elementi che si sono intrecciati, che non certificano una crisi, nonostante il precedente pareggio casalingo in Champions League contro il Siviglia. No, la Juventus non è in debito d’ossigeno, con ogni probabilità batterà il Cagliari stasera allo Stadium, è ancora la favorita per il successo finale in campionato, ha la rosa migliore, il top player del campionato e una straordinaria attitudine alla vittoria, anche se il Napoli di Maurizio Sarri va forte in classifica e gioca ancora meglio. Ma Buffon e compagni sanno anche di non avere lo scudetto già cucito sul petto e che la Champions League non sarà consegnata dalla Uefa brevi manu a Torino, come hanno voluto far credere parecchi giornaloni, sportivi e non, tra esperti, ex calciatori che non concedevano mezza chances a nessuno, le altre big d’Italia ed Europa piazzate a un giro di distanza dai bianconeri che avrebbero dovuto guardarsi solo da Barcellona, Real Madrid, Bayern Monaco, pari dignitarie nella corsa alla Coppa. Addirittura Massimo Mauro, opinionista Sky e vicino alle vicenda bianconere su Repubblica.it spiegava che la Juventus fosse all’altezza del miglior Barcellona di Pep Guardiola, quella sinfonia del pallone tra Messi, Xavi, Iniesta che concedeva alle aversarie di dare un occhio al pallone prima del fischio d’inizio delle partite di Liga e Champions League e poi al triplice fischio, prima dello scambio delle maglie, con pioggia di trofei vinti in Spagna, Europa, mondo.

Un confronto che non regge, mentre – per ora – si ha la sensazione di un torneo livellato verso l’alto, con lo stesso Napoli capolista, Roma, Inter che si giocheranno il vertice, alle spalle dei campioni d’Italia e con una serie di squadre destinate a sfilare punti alle candidate al podio, ai tre posti per la prossima Champions League. Dalla Lazio di Simone Inzaghi, che prova a riportare punti e razionalità dopo la love story finita male in estate tra Claudio Lotito ed El Loco Bielsa, recuperando alla causa Keita e Felipe Anderson, i pezzi da novanta rimasti a Formello dopo la partenza di Antonio Candreva. E poi il Sassuolo di Eusebio Di Francesco che vince in Italia ed Europa League senza Berardi, il suo miglior giocatore, una delle realtà più belle del calcio europeo, assieme all’Hertha Berlino appaiato in testa alla Bundesliga con il Bayern Monaco e l’Everton che in Premier League copre le spalle al Manchester City di Pep Guardiola.

E c’è anche una terra di mezzo che racchiude la Fiorentina di Paulo Sousa che supera la Roma anche se meno frizzante della passata stagione, la Sampdoria di Marco Giampaolo con Muriel che come al solito nel preludio d’autunno illude gli innamorati del pallone. Insomma, nessuno regala punti, c’è una generale ricerca del gioco, della vittoria, si corre di più, si specula meno, c’è più spettacolo.

Ed è un solo un bene per la Serie A che cerca di riprendersi il posto al tavolo delle big europee, dopo un’estate in cui Juventus, Napoli, Inter hanno aperto in libertà il portafogli. Per ora chi latita non è la Juventus ma il pubblico che si tiene a distanza dalle tribune, via dagli stadi, un trend generalizzato, sold out solo a San Siro per Inter – Juventus, spettatori in calo ovunque per biglietti troppo cari e carenza delle strutture.