È difficile scrivere di Giovanni Feo senza essere influenzato dall’enorme affetto che ci ha legati per più di vent’anni, i ricordi professionali si legano indissolubilmente alla calda atmosfera che si generava ogni volta che ci incontravamo. Durante il nostro primo incontro ho da subito avuto l’impressione di essere davanti a una persona speciale, unica. Uomo dall’intelligenza acuta e brillante, possedeva una cultura che spaziava dai classici greci alla psicologia del profondo, dalla spiritualità orientale alla storia antica, dall’antropologia alla letteratura. Brillante e curioso come un vero ricercatore deve essere, non era un accondiscendente, non barattava la sua verità e le sue convinzioni in cambio dell’approvazione e del consenso. Ironico, sagace ed intuitivo, passare del tempo con lui era un privilegio, farsi raccontare le sue scoperte era un dono che elargiva sempre in maniera semplice e comprensibile a tutti.
È nota l’ampiamente dimostrata conoscenza che Giovanni possedeva sugli etruschi e, più in generale, sulle culture antiche. Quello che invece mi preme trattare è il suo lato legato alle antiche conoscenze e alle tradizioni spirituali. Anche in questo Giovanni mostrava il suo profilo di ricercatore. Aveva ampiamente praticato buddhismo tibetano, induismo, tradizioni ermetiche, il cammino di Castaneda e, dal 1997, la tradizione delle Ande che ci ha unito indissolubilmente fino ad oggi. Entrambi ci siamo dedicati alla condivisione di quest’arte spirituale basata sulla gestione dell’energia. Giovanni, grazie all’incontro con Juan Nunez del Prado, che è stato anche il mio maestro a partire dallo stesso anno, ha compiuto quello che ritengo essere il suo capolavoro spirituale, plasmare in Italia il percorso iniziatico del cammino Inca che abitualmente si svolge in Perù. La sua ampia conoscenza di siti sacri etruschi si è unita perfettamente con la capacità della tradizione andina di adattarsi e di integrare contenuti differenti. Nel corso degli anni Giovanni ha raffinato sempre più il percorso iniziatico andino, scovando siti energeticamente e simbolicamente equivalenti a quelli dell’area di Cuzco. Grazie a questo, con l’aiuto di Juan Nunez del Prado e suo figlio Ivan, abbiamo potuto offrire questo percorso di iniziazione con cadenza annuale fino al 2018.
Il fine di questo percorso iniziatico, unico nel suo genere, è da un lato condividere la cosmovisione, le tecniche energetiche e lo stile di vita della antica tradizione delle Ande, dall’altro offrire un percorso volto al recupero di quello che lo psicologo svizzero Carl Gustav Jung descriveva come l’inconscio collettivo di una nazione; recuperare una profonda e intima connessione con un territorio al fine di far emergere quei contenuti funzionali sopiti nel tempo attraverso il collegamento con la storia, la cultura e l’ambiente naturale, origine del patrimonio psichico di una collettività.
Lo stesso Jung, e Freud prima di lui, utilizzava alcuni reperti archeologici in alcune terapie al fine di catalizzare le energie del proprio paziente e indirizzarle a un processo di evoluzione interiore dallo stesso Jung definito «processo di individuazione». La cosa strabiliante per Giovanni, ed anche per il sottoscritto, è stato constatare che i nostri maestri andini utilizzavano la medesima modalità da tempo immemore. Quelli considerati da noi occidentali «solo» monumenti archeologici, nel mondo delle Ande si riconoscono come «wakas», luoghi di potere dove la sacralità e l’aspetto materiale, il metafisico e il fisico, la mistica e la pratica non sono scissi ma uniti in un armonico inscindibile insieme.
La semplicità e la contemporanea efficienza con la quale sulle Ande si uniscono le pratiche energetiche ai luoghi di potere, e di quanto beneficio questo possa portare a un essere umano, convinse Giovanni ad estendere la modalità andina anche ad altri gruppi che, in misura sempre maggiore, lo contattavano per essere guidati, tra una via cava e una tomba etrusca, all’esplorazione della propria interiorità.
Anche con questi ultimi Giovanni condivideva, con la generosità tipica di un vero ricercatore, quanto andava scoprendo. Camminare insieme sul sentiero andino è stato un privilegio, sperimentarlo nei luoghi da lui scoperti un beneficio enorme per la mia vita e per quella delle tante persone che lo hanno incontrato.