Di lui si era parlato appena due giorni fa quando Fuad Hussein, capo di gabinetto del presidente curdo iracheno Massoud Barzani, aveva dato per certa la sua presenza a Mosul. E ieri Abu Bakr al Baghdadi, il “califfo” dell’Isis, è tornato prepotentemente sulla scena facendo sentire la sua voce, per la prima volta in quasi un anno, per incitare i suoi uomini a resistere all’avanzata delle forze governative. Nel messaggio “Questo è ciò che Allah e il suo Profeta ci hanno promesso”, al Baghdadi esorta i jihadisti ai suoi ordini a respingere l’attacco governativo su Mosul e di essere «devastanti» contro i “crociati” e gli ebrei. «La guerra totale e il grande Jihad che lo Stato islamico sta combattendo – afferma il califfo dell’Isis – aumenta solo la nostra ferma convinzione, se Dio vuole, che tutto questo sia solo un preludio alla vittoria». Al Baghdadi quindi chiede con forza alla popolazione sunnita della provincia di Ninive di combattere i «nemici di Dio» e, assieme ai jihadisti kamikaze, a «trasformare le notti dei miscredenti in giorni».

Dove sia stato registrato il messaggio è la domanda che si fanno tanti. Forse a Mosul o nel nord della Siria dove, secondo alcuni, al Baghdadi avrebbe trovato rifugio già da alcuni mesi. O forse in un altro Paese. Tuttavia in questo momento è più importante interpretare le parole del “califfo” per comprendere se l’appello alla resistenza rappresenti, in realtà, un segno di debolezza. Guardando le forze sul terreno, gli uomini dell’Isis non hanno alcuna possibilità di ribaltare l’esito della guerra. Potrebbero però sacrificarsi fino all’ultimo combattente e dare filo da torcere alle forze governative. L’esercito iracheno dopo i progressi dei giorni scorsi ora incontra resistenza, soprattutto ad est di Mosul, area che i comandi militari contano di prendere in pochi giorni, per poi pianificare un attacco ai quartieri centrali della città. Il problema più immediato sono le mine disseminate intorno e dentro la città dagli uomini di al Baghdadi. Il generale Maan Zaed Ibrahim ha confermato alla televisione curda che l’avanzata è stata rallentata dall’opera di sminamento e disinnesco delle trappole esplosive lasciate dall’Isis a Gogjali e al Karama, i due sobborghi di Mosul dove nei giorni scorsi hanno rimesso piede, per la prima volta in oltre due anni, le truppe governative. Quello delle mine e degli ordigni nascosti è un problema che i comandi iracheni si porteranno dietro per tutta la durata dell’offensiva per la liberazione di Mosul.

Le operazioni militari comunque vanno avanti. Le forze armate irachene hanno riconquistato il villaggio di Kokkali e sostengono di aver ucciso nelle ultime ore 67 jihadisti dell’Isis in un raid aereo contro il Ninive Oberoi Hotel, a nord di Mosul. Non c’è però conferma che i morti nel raid aereo fossero tutti jihadisti. I comandi iracheni dicono anche di avere arrestato nei giorni scorsi un cittadino giapponese che sosteneva di essere nella regione per seguire come giornalista freelance l’avanzata su Mosul. Per i curdi invece l’uomo, Kosuke Tsuneoka, di 47 anni, avrebbe legami con l’Isis, per il quale avrebbe svolto le funzioni di traduttore, recandosi anche a Raqqa la capitale dello Stato islamico in Siria.

Si aggrava intanto il problema dei nuovi sfollati, gli abitanti di Mosul che cercano di sfuggire a combattimenti e bombardamenti. Le televisioni di tutto il mondo mostrano le immagini di questi civili in fuga che, davanti alle telecamere manifestano aperto sollievo per non essere più sotto il controllo degli uomini dello Stato islamico. Sono oltre 5.000 i civili evacuati negli ultimi tre giorni da sobborghi Mosul strappati all’Isis e sistemati in campi di accoglienza, ha riferito il generale Talib Shaghati, del comando congiunto militare di Baghdad. A Gogjali le forze di sicurezza hanno sparato in aria per disperdere gli abitanti che si ammassavano per ricevere gli aiuti governativi. Da quando hanno avuto inizio le operazioni per la riconquista di Mosul, aggiunge l’Unicef, 20.700 persone sono sfollate e di queste 9.700 sono bambini che hanno urgente bisogno di assistenza.

Non va meglio ai civili siriani. L’offensiva su Mosul sta oscurando la guerra civile siriana mentre la battaglia per Aleppo non conosce soste. E’ di 12 persone uccise il bilancio dei bombardamenti dei jihadisti “ribelli” su Aleppo ovest, la parte della città controllata dal governo. Due autobomba inoltre sono esplose nei quartieri governativi, pare senza fare vittime. Dieci civili, tra cui un bambino, invece sarebbero stati uccisi in bombardamenti governativi e russi sulla provincia di Idlib in mano al Jaish al Fatah, la coalizone di gruppi jihadisti guidati da an Nusra (al Qaeda).