Ancora positivi. Partite rinviate, mini focolai che si allargano, regolamenti e protocolli da riscrivere. E le istituzioni del pallone in silenzio. Il bollettino del pallone segue la curva dei contagi in crescita del Covid-19 in Italia. È la fase pre-esponenziale, sentenziano i virologi. E la furia del virus colpisce nuovamente l’Under 21 italiana, che avrebbe dovuto affrontare ieri pomeriggio l’Islanda. E invece, partita rinviata, i positivi italiani sono passati da due a quattro in 24 ore, contagiati anche Gabbia (Milan) e Plizzari (Reggina), oltre a un membro dello staff azzurro.

La decisione di non giocare è stata presa dall’Uefa su disposizione delle autorità islandesi, che hanno imposto la quarantena alla comitiva azzurra, da seguire in Italia. Per fortuna, senza tener conto dell’assurdo regolamento della stessa Uefa (portato in Italia da Lega di Serie A e Figc) sulle partite da disputare ugualmente se la squadra colpita da più casi Covid-19 disponesse di almeno 13 giocatori, tra cui almeno un portiere. L’Italia Under 21 che per l’Uefa poteva giocare era un focolaio in movimento. E la Figc, garantita dal protocollo Uefa, non ha pensato neppure per un attimo che questa partita andasse rinviata.

Lo stop degli islandesi è la bocciatura sonora e mediatica per un complesso di regole che non tiene conto della forza del virus. Con pochi positivi si va in campo, la stessa grottesca norma fa parte del protocollo italiano difeso qualche giorno fa dal capo della federcalcio, Gabriele Gravina.

Disposizioni approvate a giugno, ora senza effetti: un esempio, i sette calciatori della Juventus evasi dall’isolamento fiduciario, tra cui Cristiano Ronaldo e Buffon. Il club bianconero, tra l’altro, è stato attaccato dal presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, secondo cui l’Asl che ha impedito il viaggio del Napoli a Torino per la gara di campionato con la Juve ha salvato Ronaldo e soci dal contagio. Ma non è l’unico caso limite.

Niente bolla anche all’Inter, ora con cinque positivi (anche il portiere Radu) in tre giorni di test in fila e che sta subendo lo stesso iter di contagio che ha prodotto un focolaio del Genoa e ai casi al Napoli. La squadra azzurra, presa di mira da una buona fetta dell’opinione pubblica, resta uno dei pochi casi di buonsenso: rischio di cluster, niente partita, zero rischi per gli avversari e le relative famiglie. La stessa linea assunta dagli islandesi con l’Under 21.

Ora, il minimo sindacale, prima che il calcio si fermi per davvero – come avvenuto in altri sport invasi dal Covid-19, tipo la pallanuoto – è rivedere la frequenza dei tamponi per atleti e addetti ai lavori e rivedere anche i format dei campionati e delle coppe europee. «Il protocollo va modificato – ha detto il medico sociale della Lazio, Ivo Pulcini -, l’Asl ha fatto benissimo a bloccare il Napoli, la Serie A è stata messa in crisi perché va rivisto il regolamento e il protocollo dal punto di visto tecnico. L’intervento delle Asl è il punto chiave. Perché adesso ha tutto il diritto di intervenire».