Prestiti, scambi, le immancabili plusvalenze con costi gonfiati di calciatori sconosciuti, pur di concedere sospiri ai bilanci. Si è chiusa la finestra di mercato più silenziosa nella storia recente della Serie A, con i club che hanno parecchio risentito della dieta imposta dalla pandemia. Portafogli chiusi, profilo basso, le esigenze tecniche sempre un passo dietro a quelle finanziarie, la tendenza si è resa evidente a inizio gennaio ed è stata osservata da Inter e Juventus, che non si sono mosse, anzi il club milanese ha provato a piazzare senza successo in Premier League il danese Eriksen, 10 milioni di euro di ingaggio l’anno, non nei pensieri primari di Conte. Ma in casa nerazzurra, piuttosto che la mancata cessione di Erkisen, pesa di più il dialogo sfumato tra il Gruppo Suning e il fondo Bc Partners per la cessione di una quota del pacchetto di maggioranza dei nerazzurri, una decisione presa dalla proprietà cinese dopo l’input arrivato da Pechino ai colossi finanziari di ridimensionare gli investimenti nel calcio europeo.

E ANCHE LA JUVENTUS, che pure avrebbe avuto necessità di una punta di rincalzo, per età e usura di Ronaldo, l’assenza ad alto livello da mesi di  Dybala e il ritmo furioso delle gare, ogni tre giorni, si è arresa: i debiti dei bianconeri hanno avuto la meglio, giovandosi però della corposa plusvalenza messa in piedi con il Genoa per l’affare Rovella (20 anni, poche presenze in A) con il (solito sospetto) club ligure. Per Rovella una valutazione monstre da 38 milioni di euro e il viaggio in Liguria di un paio di giovani con manciate di partite in C, come il duo Petrelli-Portanova (al Genoa). E ha portato ossigeno alle casse anche il giovane Tongya, dalla C al Marsiglia per otto milioni di euro, quanto pagato dal club francese al Napoli per Milik. Misteri, manco tanto, in verità e se non tutte percorrono i canali bianconeri, la parola d’ordine comunque è stata: snellire, tagliare i costi, gli stipendi. E quindi il Napoli ha chiuso il romanzo Milik, al Marsiglia per una manciata di milioni e via anche Malcuit (Fiorentina) e Llorente all’Udinese, mentre la Roma ha pescato (ma pagandolo in futuro) l’americano Reynolds, la Lazio si è fermata ai box. Solo il Milan, inatteso pretendente per il titolo, ha investito sul difensore inglese Tomori e su Mario Mandzukic. Piuttosto, è stata la finestra di addii inattesi, alcuni concretizzati, altri non avvenuti solo per una questione economica. Dopo litigi, discussioni e un finale non degno a cinque anni da idolo indiscusso, il Papu Gomez ha lasciato Bergamo, in direzione Siviglia. Il rapporto con Gasperini non è stato recuperabile, la rottura consumata tra le parti, la società che appoggia il tecnico e in pratica avvicina alla porta il 34enne argentino, da stella ai margini in poche partite. E solo motivazioni economiche (disavanzo degli ingaggi) hanno impedito lo scambio Dzeko-Sanchez tra Roma e Inter, con il bosniaco in rottura con l’allenatore Fonseca e il cileno, non indispensabile per Conte.