«La nostra economia è destinata a fare dei progressi se Washington non si mette di mezzo». Con una frase d’apertura che eccheggia il ritornello classico dell’ortodossia repubblicana (per cui il governo federale è il maggior nemico del benessere economico) Barack Obama ha annunciato ieri mattina di aver inviato al Congresso una sua proposta di bilancio per il 2014 basata su una proiezione di 10 anni che prevede quasi 250 miliardi di dollari di spesa (in educazione, infrastruttura, programmi di ricerca, investimenti in nuove energie e nel rilancio di aree depresse…) e quasi 800 miliardi di dollari in tasse aggiuntive (inclusa un’aumento delle tasse sulle sigarette, per finanziare asili nido), ma che include anche oltre un trilione di tagli al governo federale con riforme previste in programmi giudicati «intoccabili» da un presidente democratico, come Medicare e Social Security.

Il risultato del pacchetto (combinato con i tagli di spesa pubblica di 2.5 trilioni già accordati da Obama dal 2011 a oggi) equivarrebbe, secondo il presidente, a una riduzione del deficit pari a 4.3 trilioni nella prossima decade. Con una proposta di bilancio approvata dalla maggioranza democratica al Senato e un’altra approvata dalla maggioranza repubblicana alla Camera, totalmente irriconciliabili tra di loro, Obama tenta la terza via, offrendo ai repubblicani un ramo d’ulivo: ridurre i costi di Medicare e Social Security attraverso quelli che il presidente ha genericamenet descritto durante un breve discorso tenuto al Rose Garden della Casa Bianca cambiamenti intesi a rendere «più efficienti» i due programmi e a rafforzarne le prospettive future, garantendo però «la protezione dei cittadini americani più vulnerabili».

L’offerta ricalca un accordo preliminare che Obama aveva raggiunto con il presidente della Camera John Boehner nell’estate del 2011, in occasione dello stallo sul tetto del debito. Ma all’ultimo momento Boehner si era tirato indietro su pressioni dell’ala più oltranzista dei repubblicani alla Camera, rappresentata, in questioni di material fiscale, da Paul Ryan.

Anticipata dai media Usa già alla fine della settimana scorsa, la proposta di bilancio di Obama ha suscitato le ire di molti democratici ed è stata decretata «dead on arrival», ovvero morta prima ancora di essere essere presentata, dalla leadership repubbicana, perché include aumenti di tasse sotto forma di riduzione di certe facilitazioni fiscali per i molto ricchi e per le corporation. Non è chiaro quindi quale progresso ci si può aspettare dal balletto politico. Ieri mattina Obama, definendo le sua proposta il frutto di «un compromesso» ha cercato di presentarsi ancora una volta come «la voce della ragione» per il benessere del paese – ma è una parte che raramente ha funzionato in trattative analoghe del passato.

Notizie lievemente più positive per un’altra causa cara al presidente Usa. Dopo sue settimane di lobbying sfrenato – inclusa una spedizione di famigliari delle vittime di Newtown in missione a Washington – sembra sia stato sventato il blocco totale in Senato alla discussione su una nuova proposta legislativa a favore di un maggior controllo delle armi. Il presidente del Senato Harry Reid ha infatti anticipato che un primo giro di voti potrebbe arrivare già domani.