Il 9 aprile del 1948, tre spari spengono la vita del leader colombiano Jorge Eliécer Gaitán. Un omicidio che cambierà il volto del paese, determinandone il corso della politica e i drammatici nodi irrisolti. Uomo politico di idee progressiste e noto avvocato, Gaitán è presidente del Partito Liberale dal marzo dell’anno precedente. Ha un forte consenso tra i poveri e i contadini per le sue posizioni contrarie al latifondo. Prima di quest’ultimo approdo politico, nel 1933 ha fondato l’Unión Nacional Izquierdista, un movimento rivoluzionario che fa riferimento al giornale El Unirismo.

TRE ANNI DOPO è diventato sindaco di Bogotà: all’insegna delle riforme rivolte ai settori meno favoriti. Un impegno che confermerà anche da Ministro della Pubblica Istruzione promuovendo una vasta campagna di alfabetizzazione in tutto il paese. All’attività politica ha continuato ad affiancare quella di avvocato.

POCO PRIMA di essere ucciso, si è occupato di un caso eclatante che ha aumentato la sua popolarità, quello di un ufficiale accusato dell’omicidio di un giornalista, che riesce a fare assolvere.

A PREMERE il grilletto, fu Juan Roa Sierra, che venne linciato e crocifisso dalla folla fuori dal palazzo presidenziale dove in molti avrebbero voluto vedere Gaitán a guidare il paese. La sua morte provocò una gigantesca rivolta popolare passata alla storia come il Bogotazo. In tutta la Colombia si verificarono cruenti scontri tra i sostenitori dell’oligarchia e del partico conservatore e quelli di Gaitán: il tunnel de «la Violencia» che chiuse definitivamente gli spazi democraciti e innescò una spirale perversa che ancora soffoca il paese.

SI SITUA in quello snodo l’origine dello scontro senza quartiere tra i ceti dominanti determinati a non cedere e le classi popolari, che hanno trovato espressione in due guerriglie storiche, quella marxista delle Farc e quella guevarista dell’Eln. Dopo la firma dell’accordo di pace con le Farc, ora è il turno dell’Eln che si è seduto al tavolo delle trattative con il governo Santos per portare a soluzione politica quel conflitto. E che in questi giorni ha consegnato un primo bilancio pubblico: considerato positivo, nonostante Santos non abbia fatto tacere le armi, a dispetto del premio Nobel per la pace ricevuto.

È IN QUESTA chiave che, oggi e domani a Roma (Complesso del Sacro Cuore, via Marsala 42) si svolge il convegno internazionale Sembrando Paz, «per una pace che liberi tutti». Esponenti politici, giornalisti, movimenti, docenti universitari metteranno a tema passi avanti e nodi irrisolti, confrontandosi sia al tavolo che in collegamento con la Colombia. Da Bogotà interviene il Senatore Ivan Cepeda, del Polo Democrático Alternativo, difensore dei diritti umani e mediatore nelle trattative di pace. Cepeda illusterà le tappe della Giustizia di transizione, la cui legge è stata recentemente approvata e gli intoppi frapposti dall’estrema destra che difende gli interessi del paramilitarismo e il «laboratorio di guerra» colombiano.

CENTRALE il tema della vittime, analizzato sia dal punto di vista dell’inchiesta sociologica (Jefferson Jaramillo, direttore della Cattedra di Sociologia dell’Università Javeriana di Bogotà), che da quello politico (Hernando Calvo Ospina) o testimoniale. I rischi insiti in questo storico tentativo di realizzare in sicurezza una soluzione politica sono tutti sul piatto: come dimostra l’altissimo numero di uccisioni di leader contadini e comunitari. Un’ombra di sangue pesa tutt’ora sul paese: il massacro dell’Union patriotica quando al rientro nella vita politica delle Farc lo Stato e il paramilitarismo risposero con l’uccisione di oltre 5.000 persone.

Ne parlerà Julio Avella, rifugiato politico, sindacalista ed ex membro de La Union Patriotica. Molti gli ospiti invitati alla due giorni, fortemente voluta dalla deputata Giovanna Martelli e con la presenza dell’Associazione Italia Cuba (Marco Papacci): a ricordare il ruolo fondamentale dell’Avana nel processo di pace, e quella dell’ambasciatore del Venezuela in Italia, Isaias Rodriguez il cui paese (con Hugo Chavez) ha messo in moto le trattative.

CHI C’ERA dietro la morte di Gaitán? Giornalisti e storici ne discutono ancora. La tesi che, oltre alla mano dell’oligarchia, vi fosse anche quella della Cia è partita anche dalla confessione dell’agente segreto nordamericano John Mepples Espirito, catturato a Cuba nel 1962 mentre preparava attentati contro Fidel Castro. Molti giornalisti hanno chiesto la declassificazione dei documenti nordamericani, finora inaccessibili.

IN COLOMBIA, il pensiero progressista e precursore dell’avvocato resta tutt’ora attuale: «Quel che vogliamo – scriveva – è la democrazia diretta, quella in cui il popolo comanda, in cui il popolo decide, il popolo esercita il controllo sui tre poteri della democrazia borghese… e che inoltre garantisce l’equità nell’aspetto economico. Dove il popolo è tale, il popolo ordina ed esercita un mandato diretto su coloro che devono rappresentarlo e li controlla».

OBIETTIVI ancora lontani per la Colombia, paese di forti disuguaglianze e di grandi armamenti, considerato il gendarme dell’America latina come Israele lo è del Medioriente.