Tornata a Rio ho incontrato Ana de Hollanda che mi ha rilasciato questa intervista tradotta da Branca Camargo.

Ana Maria Buarque de Hollanda, figlia dello storico Sergio e sorella tra gli altri di Chico, è cantante e attrice, è stata direttrice di Funarte, assessore alla cultura nel comune di Osasco e, nel 2011 e fino all’agosto 2012 è stata Ministro della Cultura del governo di Dilma Roussef. In queste elezioni si è impegnata a favore di Ciro.

Hai qualcosa in più da dire (oltre alle dichiarazioni già rilasciate) sull’estinzione del Ministero della Cultura?

La situazione in Brasile è drammatica in tutte le aree: Sanità, Istruzione, Trasporti, Ambiente sono minacciate da misure spaventose. Nella Pubblica Istruzione, per esempio, vogliono abolire le materie che possono suscitare riflessioni come filosofia etc. Riguardo alla Sanità i medici cubani stanno ritornando al loro paese, in Brasile è molto costoso diventare medico quindi l’arrivo dei medici cubani ha permesso di supplire alla carenza che abbiamo, soprattutto in Amazonia e altre zone isolate che rimarranno senza medici. Bolsonaro vuole estinguere le riserve indigene… è tutto gravissimo, il Brasile sta tornando indietro 200 anni. C’è anche di peggio, la vendita dei beni Statali ai privati, è un delirio che non credevamo potesse succedere, quindi a questo punto l’estinzione del Ministero della Cultura è ciò che meno mi preoccupa. Quello che mi preme è che alcune attività di responsabilità del Ministero siano mantenute. Sono sicura che le leggi di responsabilità fiscale (es. legge Rouanet: governance privata del denaro pubblico) che privilegiano il grande mercato a detrimento delle piccole produzioni culturali non saranno abolite, poiché riguardano soprattutto le Fondazioni di grandi gruppi privati, come quelle delle banche, della Globo (gigante della telecomunicazione in Brasile), etc…

Aver cercato di modificare la legge Rouanet è stata la causa dei tuoi problemi quando eri Ministra della Cultura?

No, il grande problema che ho avuto quando ero al Ministero è scoppiato quando ho messo in discussione la legge sul diritto d’autore. Che è un problema in tutti i paesi. Per esempio Google condizionava il governo, volevano contenuti gratis, musica, film, affermavano che non era normale che dovessero pagare per vincolare una musica su Internet, per un film, per un libro appena uscito, volevano tutto gratis ed io asserivo che questo era un problema che doveva essere discusso con gli autori, perché la pirateria tramite Internet può uccidere la produzione culturale. Adesso c’è un certo controllo, gli autori e i detentori di diritti stanno negoziando, guadagnano con pubblicità, annunci, etc… adesso non tutto è gratuito come prima. Ma, in quel momento, sono cominciate una serie di campagne contro di me indirizzate ai giovani, che dopo ho saputo essere state finanziate da Google stessa, che dovevano avere accesso a tutti i contenuti gratis, io ero d’accordo, ma sostenevo che Google, che rendeva disponibili i contenuti ai giovani doveva rendere possibile anche la sopravvivenza degli autori. Hanno fatto leva sulla retorica della libertà, sull’abbattimento delle barriere borghesi delle industrie e degli autori. Dietro alle mie dimissioni c’è stata anche una ragione politica: Marta Suplicy, una personalità molto popolare e allora senatrice del PT, non voleva appoggiare la candidatura di Haddad a sindaco di São Paulo, le hanno dato il ministero della cultura e poi lei ha sostenuto Haddad. Ma, quando ho parlato con Dilma, ho capito che era Google che esigeva la mia uscita.

Hai fatto la campagna elettorale per Ciro, quale era la sua politica culturale?

Prima voglio dire che ho fatto tutte le campagne del PT. Quest’anno mi sono entusiasmata per Ciro perché le sue proposte erano molto più progressiste di quelle del PT. Il PT non ha preso una posizione chiara, ha presentato la candidatura di Lula con lui in galera, poi ha cambiato e presentato il candidato indicato da Lula, a me questo non piace, è un voto capestro. Lula ha indicato Haddad, che è una brava persona, ma che non ha la preparazione di Ciro. Ciro aveva una visione complessiva, un suo progetto economico; quando ne abbiamo parlato è stato d’accordo sulla mia proposta di lavorare sull’economia creativa per la cultura e incentivare le zone meno assistite (lontane dai grandi centri), lui non avrebbe abolito la legge Rouanet ma l’avrebbe migliorata perché ora produce molti disequilibri: la musica non prende nulla, il teatro prende molto, il cinema ancora di più… Quando sono stata Ministra ho fatto un studio approfondito su tutti questi problemi: banche, aziende telefoniche etc… prendono i soldi della legge Ruanet per finanziare le fondazioni culturali create da loro stessi, generalmente situate nei grandi centri. Fare un teatro di lusso, costoso, per il pubblico di Rio e di São Paulo non risponde alle necessità culturali presenti in altre zone del Brasile, come Paraiba, etc… Il nostro progetto, che è fermo al congresso, prevedeva incentivi maggiori alle ditte con progetti da patrocinare nelle zone meno privilegiate, come il nordest e nord del paese; Pernambuco Teresina, etc… Questi progetti sono bloccati da quando sono uscita dal ministero.

Vieni da una famiglia di intellettuali, tuo fratello Chico Buarque de Hollanda, è stato arrestato e costretto all’esilio in Italia, pensi che con Bolsonaro gli intellettuali possano di nuovo essere perseguitati come lo furono durante la dittatura militare?

Bolsonaro è ancora un’incognita, forse non sarà necessario utilizzare la forza militare esplicita come fu all’epoca della dittatura, quel che può succedere sarà la mancanza di appoggio, di stimolo, di spazio, di condizioni per esercitare il lavoro, quindi non sarà un esilio forzato, ma costringerà gli artisti, vessati dalle condizioni economiche, a non lavorare. Oggi, in Brasile, la situazione è già difficile se non sei un artista famoso, e non so cosa succederà in futuro, tutte le voci che arrivano sono pessime, credo ci sarà una censura economica. Ci sono forme indirette di censura, senza una vera censura, semplicemente le porte si chiuderanno. Già stiamo vivendo delle situazioni simili, non sarà una novità, ma la situazione può peggiorare molto.

Credi che ci sarà una reazione forte dei giovani, degli artisti e degli intellettuali come ai tempi della dittatura?

La situazione oggi è diversa. Ero bambina, mi ricordo del ‘64 (anno del golpe militare), mio padre era uno storico, è stato anche professore all’università di Roma di Storia del Brasile, quindi nella mia casa venivano molte persone, si discuteva su tutto, ma era un’altra epoca. Il ‘64 e il ‘68, la Francia, l’Italia, la rivoluzione cubana era vittoriosa, l’immagine del Che, del rivoluzionario guerrigliero, tutto l’insieme ha molto entusiasmato i giovani, qui la gioventù viveva intensamente l’utopia di un Brasile che sarebbe potuto diventare un grande paese socialista. Adesso siamo in un’altra situazione, nel ’64 che è stata un’altra epoca, i giovani non avevano il computer e la resistenza era per strada. Era una resistenza più forte perché c’era stato un golpe militare, ma adesso lui è stato eletto… È una vergogna immensa… Ho lavorato nella campagna di Ciro, sono andata nelle periferie povere, ho parlato con gli ambulanti e domandavo se avevano già un candidato, loro rispondevano di sì, che avrebbero votato il mito (dopo l’attentato Bolsonaro è diventato un «mito»). Io rispondevo che come donna non potevo votarlo per via delle dichiarazioni misogine che aveva rilasciato. Poi domandavo: «Tu sei negro e le cose che lui dice sui i negri sono molto gravi, allora perché voterai Bolsonaro?» Loro rispondevano: «Cambiano i governi, ma non cambia nulla, io vivrò qui nello stesso modo di prima. Quindi chi è il peggiore? È Bolsonaro? Bene, allora voterò lui.» È un voto di rivolta, la rivolta di una categoria che è marginalizzata, quelli che non hanno nulla da perdere come i venditori ambulanti. A questo punto penso che Manu Brow (musicista hip hop), quando è andato in una manifestazione di appoggio a Haddad e ha affermato che la sinistra era colpevole di aver perso il contatto con la base, il pubblico ha cominciato a fischiare però Caetano Veloso lo ha soccorso giusto in tempo, ha detto il giusto: il PT era talmente sicuro di stare facendo la politica giusta che ha smesso di dialogare dimenticando la base. Le chiese, quasi tutte di origini americane, le neo-pentecostali, sono terribili, i pastori dicono assurdità, vanno nei luoghi più poveri e sperduti dove il PT non è più presente. I militanti del PT fanno politica su Internet per se stessi, continuano a parlare bene solo di se stessi… La sinistra è ancora nel sec XX, non ha saputo rinnovarsi. Quindi il discorso di Manu Brow, è vero, è semplicista ma l’essenza è questa: è evidente che la sinistra qui è completamente allo sbando e ha smesso di dialogare con il popolo, qui come in tutta l’Europa. Io che ho partecipato al governo ed ho sempre votato PT sono rimasta scioccata per la quantità di sbagli che il partito ha fatto. Per me, Lula è uno di quei leader che appaiono soltanto ogni 200 anni, lui è di una lucidità, di una rapidità di pensiero, sa parlare, è carismatico… è una persona eccezionale, ma anche lui si è fermato, si è fermato a guardare verso se stesso e non ha lasciato il PT crescere, non ha permesso alleanze all’interno del centro sinistra. Molte persone, Ciro stesso ed altri come Roberto Requião, non sono riusciti ad allearsi al PT, poiché nel PT o fai quel che Lula vuole o rimani marginalizzato all’interno del partito, quindi è un partito problematico, però era quel che avevamo di meglio. Ciro era un buon candidato, ma di un piccolo partito, e il PT ha agito come se il peggiore nemico non fosse Bolsonaro bensì il suo possibile alleato, Ciro. Una pazzia! Lula pretende di avere l’egemonia della sinistra, ha preferito che vincesse Bolsonaro per ritornare in scena sulle braccia del popolo, questo se sarà ancora vivo e libero… comunque ha preferito scommettere sul grande pericolo che ci minaccia: Bolsonaro. Ciro ha detto una frase che trovo perfetta: «Il PT ha invitato i brasiliani a ballare sull’orlo dell’abisso». È uscito un sondaggio che dice che il 90% degli elettori di Bolsonaro credono alle Fake News, preferiscono le informazioni via Whatsapp a quelle sui giornali. É molto pericoloso. Quello che succederà non so. Ma il Brasile é un paese ricchissimo, pieno di risorse naturali, molte scoperte di recente, quando nel futuro ci sveglieremo non saranno più nostre. Le misure antipopolari che Bolsonaro intende intraprendere mettono a rischio la sopravvivenza della popolazione: le riforme del lavoro, previdenziale, nella salute. Il Brasile ancora resisteva, poi è arrivato questo giudice Moro, finanziato dagli USA. Per gli USA conquistare il Brasile è essenziale. Trump spinge il Brasile ad invadere il Venezuela, vuole farci fare il lavoro sporco, vuole approfittarsi del potere continentale del Brasile per farlo diventare una filiale degli USA. E tutto sta ad indicare che Bolsonaro farà tutto quello che Trump vuole. Moro è riuscito a fare l’impeachment di Dilma senza una giusta causa, visto che è stata dichiarata innocente.
Abbiamo presentato un ricorso alla Corte Suprema ma non ha ancora analizzato il caso, è chiuso dentro un cassetto. Lula è un prigioniero politico perché Moro lo ha condannato senza prove, basandosi soltanto sulla sua convinzione che la corruzione all’interno del governo sia stata organizzata da lui. Però non ci sono prove. Lui è in galera per via di un appartamento che poi non è suo e c’è un altro processo contro Lula su una proprietà in campagna che, anche questa, non è intestata a lui. Sono tutte delle supposizioni. Ma dove sono i documenti? Non esistono registri da nessuna parte… Lui è stato condannato soltanto in base ad indizi.

E questo nella Costituzione Brasiliana non esiste. Adesso dovremo vedere ciò che farà la Corte Suprema, che da una parte sta con Bolsonaro, ma dove siedono anche dei Giudici che vogliono preservare le garanzie costituzionali.