Nikos Pappàs, tra i più stretti collaboratori di Alexis Tsipras e ministro alla presidenza del consiglio, annuncia a il manifesto che verranno approvate misure a sostegno delle categorie più colpite dai tagli imposti dai creditori e torna a chiedere una soluzione sostenibile per il debito greco.

Ritiene, ormai, la scissione, all’interno di Syriza quasi un dato di fatto, «anche se si cercherà sino all’ultimo di evitarla». Secondo Pappàs il governo di Tsipras non rinuncia ai propri obiettivi: lotterà per garantire più libertà di azione alle politiche nazionali, per una Bce prestatrice di ultima istanza e per assestare duri colpi alla corruzione ed ai trust di interessi costituiti.

Con che strategia, ora, il governo greco cercherà di evitare la recessione, per dare maggior peso alla giustizia sociale ed allo sviluppo?
Faremo ogni possibile sforzo affinché i programmi per lo sviluppo trovino un’applicazione a breve, prima di molte altre parti del programma che abbiamo votato, intendo già nei prossimi mesi.

L’altra nostra priorità è che questi fondi possano arrivare a settori, attività, classi e gruppi della società su cui si saranno delle ricadute negative, dall’ applicazione dell’accordo coi creditori. Mi riferisco agli agricoltori che necessitano di politiche e attenzione particolare, perché l’aumento dell’anticipo annuale sulle tasse e l’abolizione delle agevolazioni sul gasolio, creano problemi. Ci vuole un intervento dello Stato per un impulso positivo evidente. Perché gli agricoltori devono poter continuare a lavorare e le campagne non possono venire abbandonate.

Con questo programma triennale crede realmente, come sostiene il governo, che si possa stabilizzare l’economia reale, evitando l’angoscia delle severe valutazioni trimestrali o semestrali da parte della Troika, che la Grecia ha vissuto sinora?
Questo può avvenire a condizione che i finanziamenti siano costanti e che si risolva la questione del debito. Si tratta di un impegno dei nostri partner e da questo dipenderà il riuscire a dare ai consumatori interni ed agli investitori internazionali, un’immagine complessiva dell’economia greca, che non abbia nulla a che fare con il Grexit. In modo da fornire la base e le possibilità necessarie perché si facciano dei passi di sostanza verso lo sviluppo. Credo si tratti di precondizioni molto utili e importanti.

Per il suo debito pubblico la Grecia chiede ancora un taglio, un alleggerimento, o una soluzione che renda comunque realistico e possibile, ogni anno, il pagamento di quanto previsto?
Possiamo discutere di tante soluzioni, le quali, tuttavia, ci portano al medesimo risultato. Bisogna mantenere un totale di debito pubblico ed un insieme di obblighi annuali, a cui poter far fronte.

Devono essere, cioè, sostenibili e non porsi come ostacolo ad ogni iniziativa che miri allo sviluppo. Non devono assorbire grandi avanzi primari – frutto di sacrifici dei cittadini e dell’economia greca- e neanche cercare di minare la nostra capacità di onorare gli obblighi finanziari e la permanenza del paese nella moneta unica.

Dopo il voto di ieri in parlamento, crede anche lei che, per Syriza, il rischio scissione sia notevolmente aumentato? Come vi state preparando al congresso di settembre?
Sembra purtroppo che la frattura stia diventando quasi definitiva, anche se per evitarla lavoreremo sino all’ultimo momento. Va detto che, in ogni caso, Syriza è il polo di stabilità della scena politica greca e dovrà dare fondo a tutte le sue energie per giocare con successo il ruolo che gli ha affidato il popolo. Anche per centrale l’obiettivo che pone Syriza: poter attuare, a livello di conti pubblici, degli interventi di redistribuzione del reddito per le categorie che sono state colpite dalla crisi e intervenire in modo deciso nella gestione della cosa pubblica, contro la corruzione, i trust di interessi consolidati, nella gestione complessiva dello Stato. Siamo una forza politica nuova, senza i legami che limitavano i partiti del passato, ed è per questo che possiamo portare a termine questi compiti.

Alla fine di questa trattativa, crede che malgrado gli sfavorevoli rapporti di forza a livello europeo di cui ha parlato anche Tsipras, si riuscirà ad applicare una politica di sinistra?
Faccio parte di coloro che hanno sempre visto l’Europa come il campo delle lotte di classe e degli antagonismi politici. E dal momento che ci credevo in periodi in cui gli equilibri, per chi portava avanti idee di sinistra, erano molto più difficili, non vedo perché non dovrei sostenerlo e crederlo ora. Penso che con le mosse adatte e con una diplomazia economica e sociale molto attiva, riusciremo realmente ad aumentare il grado di libertà, nell’esercizio della politica nazionale. Ovviamente non ci vogliamo illudere, in questo momento si tratta di un obiettivo da perseguire. Mi riferisco, ad esempio, al ruolo della Bce, che dovrebbe essere quello di prestatore di ultima istanza. Di un meccanismo quindi, capace di garantire l’offerta di denaro da un estremo all’altro dell’Eurozona. Sinora, tuttavia, a causa di vari interessi politici, non le si è permesso di giocare questo ruolo. Le si è affidato, al contrario, il ruolo di un giocatore che limita l’offerta di denaro e che, quindi, crea problemi. Per sua natura, invece, l’istituzione della Banca Centrale Europea questi problemi dovrebbe risolverli.

Come vede il recente appello di Prodi che ha chiesto a Francia e Italia di mobilitarsi contro le posizioni di Schauble, che rischiano di portare l’Ue alla disgregazione?
Prodi ha ragione. La sua storia personale è tale da non permettere di accusarlo di essere antieuropeista. Siamo ottimisti sulle dinamiche politiche che potranno venire a crearsi e vi chiedo di credere che noi non intendiamo semplicemente prendere parte a queste dinamiche, ma vogliamo giocare il ruolo di chi crea, di colui che dà nuova linfa e sempre maggiore forza, per poter costruire una realtà che aiuti tutta l’Unione europea ad imboccare nuovamente la strada di un vero sviluppo.