Se n’erano dimenticati quasi tutti di quell’area della città, non troppo vicina al centro e incuneata tra l’ospedale e le aree ferroviarie, e così il bosco è cresciuto – selvaggio e incontrollato – dagli anni ’90 a oggi. A Bologna c’è un parco che vale doppio, perché è a due passi dal cemento e dal traffico delle grande arterie cittadine, e perché le piante, senza la cura di nessuno, sono spuntate ovunque (se ne stimano 10 mila) e sono state capaci, nei decenni, di dare asilo a specie che altrimenti, in un territorio densamente urbanizzato, non si sarebbero mai fatte vedere. Invece dei palazzi ai Prati di Caprara, ampia area alla periferia di Bologna, dopo le esercitazioni belliche degli anni ’90 è arrivato l’abbandono e così, in silenzio, sono nati e cresciuti alberi oggi di alto fusto, un bosco diventato habitat per fauna e flora selvatica, qualcosa di mai visto a Bologna dove i parchi ci sono ma sono convenzionali, con prati ben rasati, pesci rossi nei laghetti e statue equestri di inizio 900. Invece. in più di vent’anni i Prati di Caprara si sono trasformati in una nicchia ecologica e in un blocco verde capace come nessun altro parco cittadino di abbattere rumore acustico e sostanze inquinanti.
«Bosco urbano», l’hanno ribattezzato non a torto i cittadini che ora si stanno mobilitando per difenderlo da ruspe e motoseghe. Su quell’area il Comune di Bologna progetta la nascita di un nuovo grande quartiere per la città. Nella parte est soprattutto abitazioni, in quella ovest attività commerciali e un grande outlet della moda. Un nuovo maxi centri commerciale che avrà il ruolo di area compensativa per la ristrutturazione dello stadio cittadino. Senza i soldi che si potranno fare attraverso l’operazione oulet, è stato spiegato, il nuovo stadio ristrutturato non vedrà mai alla luce. Una partita complessa, che da mesi vede in guerra comitati di cittadini e Comune di Bologna.

«Chiediamo un serio processo di consultazione, trasparente e pubblico», chiedono i cittadini del Comitato Rigenerazione No Speculazione, centinaia di persone che sono riuscite in pochi mesi ad attivare una fitta rete di gruppi e associazioni per fermare gli abbattimenti di alberi. Che ci sono già stati, perché su 12 mila metri le ruspe sono già arrivate per iniziare le bonifiche propedeutiche alla costruzione di una scuola di cui il Comune ha assolutamente bisogno», ha specificato pochi giorni fa l’assessore all’urbanistica Valentina Orioli. Il che è vero, viste le previsioni per i prossimi anni. Al di là della scelta del luogo – per il Comitato la scuola è «cavallo di Troia» che porterà con sé la vera colata di cemento – restano gli altri 45 ettari, 20 dei quali completamente coperti di alberi alti fino a 15 metri, non solo comuni robinie ma anche olmi campestri e querce. E su quegli alberi i cittadini non vogliono mollare di un centimetri. Tant’è che per tutto luglio hanno organizzato una serie di iniziative per difendere i loro alberi. Inizialmente avrebbe dovuto essere una sorta di Occupy Bosco Urbano, poi però – vista la mobilitazione delle forze dell’ordine – gli eventi più che il bosco hanno riguardato il suo perimetro. Hanno cominciato i maestri di yoga in occasione della giornata internazionale dello yoga. Dieci classi di meditazione e yoga avrebbero dovuto animare i Prati di Caprara, ma polizia e vigili urbani hanno minacciato denunce per tutti e impedito l’entrata dei manifestanti. A seguire una corsa campestre, uno spettacolo teatrale e una serie di concerti che nelle prossime settimane vedranno mobilitarsi tra gli altri gli Skiantos e Franz Campi. Sul piano politico invece, dopo le manifestazioni di maggio e giugno, il Comitato, aiutato dalla sinistra bolognese di Coalizione Civica, sta rilanciando la mobilitazione e raccogliendo le duemila firme certificate necessarie ad aprire una vera istruttoria pubblica in Comune, visto per il momento su Prati di Caprara c’è stato un balletto di dichiarazioni («verde percepito», è stato definito dall’assessore Matteo Lepore) e vaghe promesse di partecipazione che rinviano a settembre. Ma, spiega un attivista, «Bologna è ormai piena di questi laboratori, dove si può decidere al massimo sul colore delle panchine; ma quante panchine mettere, di quale tipo e in che posizione quelle sono tutte cose già decise su cui non si può discutere». Questa volta i cittadini chiedono che il nuovo quartiere non si faccia, punto e basta. Un’opzione zero dal punto di vista del cemento, ma di grande valore per quanto riguarda l’ambiente. «In Europa di boschi selvatici si parla sempre di più – spiega Giovanni Trentanovi, esperto forestale, ricercatore all’università di Padova e consulente del Comitato – A Berlino c’è il parco naturale di Südgelände, a Milano l’area verde di Porto di Mare, a Modena c’è l’oasi naturalistica La piantata, usata per scopi didattici». E a Bologna? Il progetto del Comune è di far costruire su 27 dei 47 ettari disponibili. I numeri parlano di oltre mille appartamenti, più eventualmente la parte commerciale e l’outlet legato alla questione stadio. Un’operazione che, ha spiegato il sindaco Virginio Merola, dovrà definirsi entro settembre-ottobre. «Io credo che Bologna abbia bisogno di case in affitto, di un fondo sociale per l’affitto e di lavorare sulle aree dismesse, già cementificate», ha detto Merola parlando dei Prati di Caprara.

Il problema è che in questo momento il comitato e il primo cittadino parlano lingue diverse. Per il sindaco fa fede il Poc, il piano operativo comunale approvato 2016 che prevede un nuovo quartiere su più della metà dei Prati di Caprara, e un parco cittadino da 20 ettari sullo spazio rimanente. Per il Comitato Rigenerazione No Speculazione non c’è invece nessuna area già urbanizzata da rigenerare, i Prati di Caprara si sono già rinaturalizzati da soli.

Qualche numero: il bosco dei Prati di Caprara è già oggi a Bologna capace di assorbire 3 mila kg di Pm10, 1600 kg di diossido di azoto e 240 tonnellate di anidride carbonica, in pratica la CO2 emessa da 2 milioni di km fatti a motore acceso. Tolto il bosco e fatto il quartiere invece con i mille alloggi arriverebbero 2500 nuove auto e almeno 4 milioni di spostamenti l’anno per raggiungere l’outlet. Luca Basile, chimico dell’Università di Bologna e membro del Comitato, fa una stima di «18-27 milioni di km di spostamenti in auto intorno all’area». Altro inquinamento, insomma. Per creare altrove quello che c’è già ai Prati di Caprara, un bosco selvatico da 20 ettari, ci vorrebbero forse 30 anni. «E allora perché non valorizzare quello che già c’è?»