Intorno alle nove di sera di giovedì scorso Avijit Roy, 42 anni, e Rafida Banna, 40 anni, tornavano a casa in risciò dopo una visita alla Ekushey Boi Mela, l’enorme fiera del libro di Dhaka – capitale del Bangladesh – che si tiene ogni anno all’interno del campus universitario della Dhaka University, la più prestigiosa del paese.

La coppia, naturalizzata statunitense e da tempo residente in Usa, era tornata appositamente in Bangladesh per presentare alcuni libri in lingua bengali di Roy, ingegnere informatico, scrittore e noto blogger progressista e ateo.

Sulla via del ritorno, un gruppo di uomini armati di machete ha attaccato la coppia, senza che nessuno dei passanti intervenisse. Roy, ferito alla testa, sarebbe morto poco più tardi; Banna, che nella colluttazione ha perso il dito di una mano, è ricoverata in condizioni critiche al Dhaka Medical College Hospital.

Grazie a libri come Biswaser Virus – Virus della Fede – e al blog collettivo Mukto Mona – Mente Libera, in bengali – che aveva fondato, Roy era famoso in patria per le proprie posizioni anti estremismo islamico, attività che da anni ne aveva fatto un bersaglio di diversi gruppi fondamentalisti bangladeshi, ricevendo una serie di minacce di morte.

In particolare, il blogger fondamentalista Shafiur Rahman Farabi aveva minacciato di ritorsioni il rivenditore online bengali Rakamari.com, colpevole di tenere in listino i saggi di Roy e nel 2013 era stato arrestato per aver lodato l’omicidio del blogger progressista Ahmed Rajib Haidar.

Roy è l’ennesima vittima dell’avanzata dell’estremismo islamico in Bangladesh, fatta di attacchi mirati alle voci più autorevoli e progressiste di un paese al 90 per cento musulmano ma dai fortissimi connotati laici.
Dalla Guerra d’Indipendenza dal Pakistan vinta nel 1971, il neonato Bangladesh ha sempre opposto all’Islam di stato un «orgoglio bengali» slegato dalla religione musulmana, giunta sul delta del Gange all’inizio del quattordicesimo secolo nella versione mistica del sufismo.

Il progressivo aumento delle violenze di matrice islamica nel paese si inserisce all’interno di un confronto serrato tra il governo della premier Sheikh Hasina dell’Awami League e i partiti dell’opposizione che fanno capo al Bangladesh National Party (Bnp), con l’esecutivo di Dhaka che nel 2011 ha aperto un tribunale speciale per giudicare i criminali della Guerra d’Indipendenza.

Mentre i giudici comminavano diverse condanne a morte – tra le quali, eseguita nel 2013, quella del leader del partito Jamaat e Islami Abdul Kader Mullah, detto «il macellaio di Mirpur» – le sigle dell’estremismo islamico, oltre ad assassinare intellettuali progressisti bangladeshi, hanno provato a portare il dissenso nelle piazze organizzando una serie di scioperi di massa a difesa dei propri leader alla sbarra.

La risposta della società civile bangladeshi è stata imponente: centinaia di migliaia di attivisti, studenti, blogger e figure di spicco del progressismo bengali si sono riversate in strada nelle cosiddette proteste di Shahbagh – dal nome di uno dei quartieri centrali di Dhaka – chiedendo giustizia contro i criminali di guerra e la messa al bando di Jamaat e Islami.

L’omicidio di Roy rischia ora di rilanciare gli scontri di piazza e aumentare la tensione nel paese. Nella giornata di ieri una manifestazione organizzata da professori, blogger e studenti della Dhaka University ha lanciato un ultimatum al governo: se entro 24 ore non verranno arrestati gli assassini di Roy – al momento della redazione di questo articolo, ancora a piede libero – l’esecutivo guidato da Hasina sarà ritenuto corresponsabile del crimine commesso.

In serata, l’opposizione guidata dal Bnp ha indetto uno sciopero totale di 72 ore, a partire dalla giornata di domenica, chiedendo nuove elezioni e il rilascio dei «prigionieri politici» arrestati dietro indicazione del tribunale speciale per i crimini di guerra.

Le autorità sospettano che gli assassini di Roy facciano parte di Ansarullah Bangla Team, sigla del terrorismo islamico bangladeshi che nel febbraio del 2013 fu responsabile dell’omicidio del blogger Ahmed Rajib Haidar.