Ci sono solo colpi da incassare per i 27 leader europei riuniti ieri fino a tarda notte nel Consiglio europeo, di nuovo in video a causa della nuova offensiva della pandemia, travolti dalle polemiche crescenti sui lockdown in stop and go e sulle campagne di vaccinazione che non decollano: contagi in crescita «in 19 paesi» ha precisato la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, in apertura del vertice. Joe Biden, forte di 200 milioni di vaccinati negli Usa nei primi 100 giorni di presidenza, è intervenuto in via eccezionale al Consiglio europeo: un simbolo di ricostruzione del fronte occidentale.

LA PENURIA DI VACCINI ha occupato il pomeriggio. La Commissione ha proposto un giro di vite sul controllo dell’export di vaccini, verso paesi che non rispettano la «reciprocità» (Gran Bretagna) e quelli dove non c’è «proporzionalità» (Usa, Israele, ma non solo). Il controllo dell’export, da oggi e per sei settimane, non è «una guerra dei vaccini» precisa l’Ue, ma «una leva» per fare pressione sui produttori, AstraZeneca in testa, dopo le successive rivelazioni sul non rispetto dei contratti con la Ue, malgrado la partecipazione finanziaria di Bruxelles per la ricerca (ha stanziato più di 2 miliardi per un portafoglio di vaccini). Sarà usato «caso per caso», non è un meccanismo automatico. Il rischio è di bloccare la catena di produzione, visto che molti ingredienti dei vaccini sono importati.

L’Europa si è mossa come «un diesel», è il mea culpa di Emmanuel Macron. La cancelliera Angela Merkel avverte: «L’effetto del Covid andrà al di là del 2021». E denuncia: «La Gran Bretagna fabbrica per la Gran Bretagna, gli Usa non esportano». Ma invita a «non essere così negativi, ci vorranno due mesi di più ma si vede la luce alla fine del tunnel». Per Mario Draghi, gli europei si sono sentiti presi in giro da alcune case farmaceutiche, ma è importante continuare uniti. L’Europa non deve essere «l’idiota utile» nella corsa contro il tempo, dice Macron.

INTANTO, IERI è venuto fuori un nuovo dato: la Gran Bretagna, che mette in avanti il successo della vaccinazione, ha utilizzato per 21 milioni di iniezioni (su 31) delle dosi Pfizer, prodotte anche nella Ue. Il successo britannico non si sarebbe quindi basato sui vaccini Oxford-AstraZeneca, anche se il ministro della Sanità, Matt Hancock ha affermato che Londra ha concluso un contratto «in esclusiva» con la società anglo-svedese, mentre nel contratto con la Ue c’è solo la clausola che impone al laboratorio di fare «i migliori sforzi». La Ue dal 1° febbraio ha esportato – unico blocco economico al mondo – 77 milioni di dosi in 33 paesi, una parte dei quali (11 milioni) in Gran Bretagna (senza riceverne nessuna in cambio).

Ieri, l’India, grande produttore di medicinali, ha bloccato l’export di vaccini AstraZeneca, per necessità interne. Ad essere colpita è la Gran Bretagna, preoccupata per la penuria sulle seconde dosi, oltre a Brasile, Messico, Arabia Saudita. AstraZeneca, dopo le polemiche degli ultimi giorni sulla mancanza di trasparenza e le dosi «nascoste» ha chiesto l’autorizzazione per lo stabilimento di Halix a Leiden in Olanda, dove potrebbero venire sbloccati milioni di dosi. Un tentativo di calmare le tensioni tra Ue e Gran Bretagna ha preceduto il vertice di ieri, con un documento comune che auspica una soluzione win-win.

IL CONSIGLIO UE ha dovuto calmare le polemiche sulla distribuzione dei vaccini nella Ue, sollevate dall’Austria, con alcuni paesi dell’est. In un primo tempo, questi paesi – Croazia, Repubblica ceca, Bulgaria… – hanno ordinato meno dosi (soprattutto di Pfizer e Moderna, più cari e che richiedono una logistica complicata per la catena del freddo) di quante avessero diritto. Adesso ci hanno ripensato e protestano. Merkel ha sottolineato che, malgrado questa polemica, «oggi vediamo poche differenze nella distribuzione tra paesi, non immagino nemmeno cosa sarebbe successo se alcuni paesi avessero vaccinato e altri no, il mercato interno sarebbe scosso nelle fondamenta». Per i paesi in difficoltà, ci saranno dosi supplementari, per recuperare e chiudere la polemica. Resta in sospeso la solidarietà con i paesi poveri, Francia e Svezia insistono ma restano sole per il momento.

IERI, IL PARLAMENTO europeo ha votato per accelerare la procedura dell’approvazione del Digital Green Certificate, il pass sanitario che dovrebbe fluidificare a breve gli spostamenti nella Ue e ripristinare la libertà di circolazione. Ma al Consiglio la constatazione è che sarà difficile avere questo certificato entro giugno, come previsto: al meglio, è «realistico» a luglio, viste le difficoltà che si presentano (tra privacy e tecnologia), in una situazione di penuria che crea discriminazioni.