Per tentare di rimediare agli errori di strategia compiuti con l’Italicum non solo danno il bentornato al bipolarismo ma celebrano l’ascesa e l’ormai acquisita tramutazione del Movimento 5 Stelle in un partito normale, non più personale. È un bipolarismo solo immaginario quello di cui si fantastica, perché quello vero è ormai scomparso, e nessun grimaldello coercitivo riuscirà a resuscitarlo. Non è credibile, per questo, la raffigurazione di un sistema tornato a incardinarsi su allineamenti bipolari dopo l’esplosione catastrofica in un senso quadripolare verificatasi nel 2013. Il bipolarismo di cui si narra è solo la conseguenza del ballottaggio, quindi il frutto di una traumatica forzatura delle preferenze di voto che altera equilibri delicati con conseguenze gravi nel rendimento del sistema.
La descrizione, tramite un esplicito uso politico dei sondaggi, di una ricollocazione delle intenzioni di voto, secondo l’asse maggioranza-opposizione, obbedisce a una precisa strategia di governo dei flussi d’opinione. Avallando la credenza nella piena contendibilità del premio di maggioranza, una regia scaltra cerca di far smobilitare le opposizioni, di vendere cioè il fumo ingannevole di una funzionalità all’Italicum.
Da aberrante meccanismo di trasformazione dei voti in seggi, il congegno si tramuta così in qualcosa di allettante anche per i suoi nemici.
L’Italicum, giova ribadire l’assunto, non è una tecnica neutra costruita per regolare la competizione in un sistema contendibile ma è uno strumento abnorme escogitato da chi è ora al governo per conquistare la maggioranza con alchimie, furberie e costrizioni. Per questo deve proseguire la mobilitazione contro la riforma imposta manu militare dal Pd, con le aule abbandonate dalle opposizioni. Che da quel colpo di mano dall’elevata valenza simbolica possa scaturire un chiaro rigetto popolare che con il voto punisca gli artefici del porcellum bis è probabile, ma non deve essere questa eventualità la base della riflessione.

Al centro dell’analisi deve rimanere la denuncia dei tratti illiberali del ballottaggio di lista, un diabolico meccanismo che, non per caso, non esiste in alcun regime democratico. I sondaggi puntano a nascondere questo dato imbarazzante e a confondere le idee ai nemici dell’Italicum. Verso il M5S gli apprendisti stregoni dei sondaggi lanciano la lusinga di una ormai solida e acquisita posizione di seconda formazione italiana, la più accreditata alternativa al Pd, la forza in travolgente marcia che quindi ha tutto da guadagnare dall’accettazione dell’Italicum.
Per ora la propaganda serve ai palati del M5S la carota insidiosa che lascia assaporare il gusto della seconda posizione conquistata sul campo e promette il successo quasi scontato al ballottaggio. Già pronto è però il bastone della demonizzazione del pericolo populista alle porte, in caso di uno scontro reale al ballottaggio. Proprio la drammatizzazione della battaglia alle urne, che il Pd prepara sia in caso di frizione con la ruspa di Salvini sia in caso di duello con il M5S, rivela che l’Italicum non rientra in uno schema bipolare, ma nel clima della battaglia di civiltà che vede una diga costruita dal condottiero di Rignano per la demonizzazione completa di qualsiasi suo antagonista.
Proprio questa cattiva coscienza del Pd conferma che invece del bipolarismo risorto si presenta un sistema politico a trazione populista integrale. Solo la rinascita di una sinistra può determinare un’alternativa al populismo sistemico che accompagna verso il declino storico dell’Italia. I sondaggi cercano di vendere l’illusione di un Pd che può ambire al 40 per cento sin dal primo turno, e così eliminare le brutte sorprese del ballottaggio.

Il Pd non è già al 36 per cento, e Renzi non è l’eroe mitico che garantisce quello che nessun altro leader avrebbe assicurato, cioè il primato rispetto al M5S. Si tratta di meri desideri espressi con sondaggi mitici che narrano di un Pd ormai vicino alla meta del 40 per cento e di una sinistra scissionista, velleitaria e irrilevante nella sua azione di disturbo. È evidente il significato politico dei numeri in libertà venduti dai sondaggisti: la costruzione, via campione statistico, del miraggio del voto utile sin dal primo turno. La sinistra deve conservare la necessaria cattiveria di chi ha compreso la natura regressiva del renzismo e quindi non esita dinanzi ai costi inevitabili che l’obiettivo di una sua necessaria sconfitta può comportare.
Irresponsabile è chi costringe, in un universo tripolare a occupazione populista integrale dello spazio politico, l’elettorato al vizio assurdo di assegnare il pieno potere attraverso un ballottaggio, con l’obbligo della vittoria certa al calar della sera. Non è irresponsabile chi vuole battere questo restringimento autoritario della contesa, con ogni strumento politico lecito.