Il biologico al supermercato. Bene, ma… L’etichetta è sicuramente a posto, logo compreso. Eppure mi rimane un non so che di diffidenza. Non sulla qualità del prodotto, beninteso, ma rispetto al processo e alla logica che ci sta dietro. Di che stiamo parlando? Degli alimenti biologici che, da tempo, non sono più commercializzati solamente in negozi di limitate dimensioni o in catene specializzate, ma hanno invaso la grande distribuzione e fatto il loro ingresso, con l’insistenza tipica del mezzo, nella pubblicità televisiva. Biscotti, pasta, cereali, frutta, verdure, piselli, latte, perfino il vino in cartone annunciano con enfasi di essere «biologici». Certo è un bene che la grande distribuzione abbia finalmente capito che molti suoi clienti hanno da tempo fatto passi avanti nella ricerca di alimenti di qualità, in grado di mantenere (e non di alterare) la salute di chi li consuma. Tuttavia, occorre vigilare che la «svolta» biologica da parte di aziende che devono soprattutto rendere conto ai propri azionisti e che quindi continuano ad avere il massimo profitto come guida delle loro scelte (con le debite eccezioni) non si traduca anche per questo settore produttivo nella mera applicazione degli stessi (perversi) criteri che regolano le relazioni con i produttori convenzionali: riduzione delle varietà, omogeneità della pezzatura, assenza di piccole imperfezioni, remunerazione alla produzione insostenibilmente bassa, nessuna attenzione alla qualità della vita di chi lavora nei campi, soffocamento delle piccole aziende, ecc. Dentro l’agricoltura biologica e biodinamica ci sono spesso realtà di dimensioni contenute, una forte attenzione alla manutenzione e alla salvaguardia del territorio, il recupero e la valorizzazione di varietà antiche o tipiche, l’auto produzione delle sementi, la cura delle relazioni personali con i consumatori e, perfino, una idea dell’economia e della società che vedo poco compatibile con gli obiettivi della grande distribuzione organizzata. Pur apprezzando l’apertura al biologico delle grandi catene commerciali e nella consapevolezza che i supermercati costituiscono comunque uno sbocco importante e probabilmente necessario per la produzione italiana (secondo Coldiretti, nell’ultimo anno il fatturato del settore ha superato i 5 miliardi di euro, dei quali oltre 2 miliardi da esportazioni), per tutti i motivi sopra elencati preferisco ancora fare la spesa dal contadino (biologico).