Di quest’ultimo si favoleggia tanto e da tanto: detto dell’annunciato intento di sacralizzarne la dotazione derivante da una tassa sulla vendita dei pesticidi, istituita nel 1999, questa è destinata ad attività di ricerca dedicata al settore, seppur profondamente mutilata ogni anno tanto che della quindicina di milioni di euro di gettito ne destina intorno ai 3 Mln. per tale attività, storicamente appaltata agli Enti di ricerca vigilati dal Mipaaf. Quando, invece, come negli ultimi due anni si è inteso ricorrere a bandi competitivi, i progetti di ricerca vincitori del concorso 2018 devono ancora essere autorizzati a partire mentre il bando annunciato per settembre 2019 attende ancora di vedere la luce.

Quindi. Quindi il mondo del biologico italiano ha dimostrato di non volere e potere restare appeso alle attese e agli annunci e di godere di un suo dinamismo propulsivo e così è stato anche per gli operatori di ricerca che a esso si sono dedicati, cresciuti in numero e qualità nell’ultimo decennio, anche grazie alla maggiore attenzione scientifica verso i benefici del metodo.

Resta che un riconoscimento dell’interesse nazionale del biologico e la conseguente determinazione di politiche settoriali offrirebbe un quadro di legittimità e una prospettiva di sviluppo da rendere più incisivo il perseguimento di macro-obiettivi europei come quelli definiti dal Green Deal, dalle strategie sul clima e sulla biodiversità o sull’economia della conoscenza, ambiti dove il biologico sa fare la differenza. Anche qui, va denunciato lo scostamento nazionale dal quadro europeo: nel suo pacchetto agricolo il Green Deal lanciato dalla Commissione Von der Leyen vede il biologico come faro che ispiri la transizione alla sostenibilità, mentre il contributo fornito dall’Italia a quel dibattito politico-normativo ignora completamente il settore senza mai nominarlo. Similmente, la delicata tematica dell’uso di pesticidi, inevitabilmente associata alla drammatica scomparsa di biodiversità e, specificamente, di impollinatori, vede ritardi inspiegabili nella pubblicazione del riveduto Piano Nazionale che comunque relega il bio al ruolo di Cenerentola, mentre si erge a difesa di un business as usual inadeguato di fronte alle crisi ambientali e climatiche che affrontiamo.

Il biologico continuerà a far conto su se stesso e sul credito crescente di cui gode nella società. Sconcerta però che latiti il compito guida dei processi di sviluppo e di regolazione che le istituzioni dovrebbero assumere. L’emergenza coronavirus dimostra l’importanza di interventi statuali, di processi armonizzati e di un ripristinato ruolo pubblico a tutela e promozione dell’interesse collettivo. Sarebbe utile non valesse solo per gestire le crisi, ma anche per preparare il futuro.

Il biologico continuerà a far conto su se stesso e sul credito crescente di cui gode nella società. Sconcerta però che latiti il compito guida dei processi di sviluppo e di regolazione che le istituzioni dovrebbero assumere. L’emergenza coronavirus dimostra l’importanza di interventi statuali, di processi armonizzati e di un ripristinato ruolo pubblico a tutela e promozione dell’interesse collettivo. Sarebbe utile non valesse solo per gestire le crisi, ma anche per preordinare il futuro.

* Segretario generale Firab