Sono stati due i momenti di raccoglimento ieri in Belgio, il primo per rendere omaggio alle vittime della strage di «natura terroristica» che a colpito martedì la città di Liegi, nel sud del paese, facendo 4 morti (fra cui l’attentatore) e 4 feriti. Il secondo nella capitale Bruxelles, dove in 1.500 hanno partecipato al «corteo bianco», una marcia funebre per rendere omaggio alla piccola Mawda, rifugiata curda di due anni uccisa da un colpo d’arma da fuoco presumibilmente sparato dalla polizia durante l’inseguimento di un gruppo di migranti.

A Liegi il momento di raccoglimento ha coinvolto un migliaio di persone per ricordare le vittime di un attacco che aveva come principale obbiettivo le forze dell’ordine. L’assalitore, Benjamin Herman, belga di 35 anni con precedenti penali per furto e traffico illegale di stupefacenti, avrebbe approfittato di un permesso d’uscita temporaneo per uccidere a colpi di martello Michael Wilmet, conoscente e complice di un precedente furto, e poi pianificare un attacco terroristico alle forze dell’ordine, uccidendo 3 persone, due poliziotte e un passante, e ferendo altri 4 agenti. Resta ora da chiarire se l’attentatore fosse schedato come soggetto radicalizzato, come confermerebbero alcune fonti giornalistiche locali, e per quale motivo sia stato concesso un permesso d’uscita temporaneo. Su questo argomento è arrivato il mea culpa del ministro federale della giustizia Geens Koen, il quale ai microfoni dell’emittente pubblica francofona Rtbf ha dichiarato: «Mi sento responsabile perché io ho la responsabilità delle prigioni, quest’uomo avrebbe dovuto essere messo in libertà? È una questione che merita da parte mia un esame di coscienza».

Dopo gli attentati di Bruxelles del 22 marzo 2016, un altro caso che metterebbe in evidenza le falle degli apparati di sicurezza del Belgio. Sul luogo della tragedia per il raccoglimento erano presenti anche il primo ministro Charles Michel ed il ministro di ferro degli interni Jan Jambon, esponente dell’ala dura del governo federale ed esponente di spicco della N-VA, partito nazionalista fiammingo d’estrema destra dalla politica migratoria intransigente.

Nello stesso momento a Bruxelles sfilava il «corteo bianco» per salutare la piccola Mawda, organizzato dalla Plateforme citoyenne, un movimento di cittadini che da almeno due anni offre il proprio sostegno ai migranti che in transito dal Belgio cercano di raggiungere la Gran bretagna. Le autorità belghe avevano in primo momento escluso il coinvolgimento delle forze dell’ordine nella morte di Mawda, per poi fare marcia indietro sulla base dei dati emersi dall’autopsia. Se l’indagine dovesse accertare che i colpi d’arma da fuoco sono stati esplosi unicamente dalle forze dell’ordine, e non da uno scambio di colpi fra polizia e migranti (come inizialmente riportato da alcuni media locali), l’agente coinvolto (la cui identità non è stata resa nota) potrebbe essere perseguito per omicidio volontario.

Il caso ha profondamente colpito l’opinione pubblica belga, anche in risposta a Theo Francken (segretario di Stato all’asilo politico, della N-VA) e di Bart De Wever (sindaco di Anversa) che hanno scaricato la responsabilità morale dell’accaduto sui genitori di Mawda. Dichiarazioni che hanno scatenato l’indignazione dell’opposizione e degli organi di stampa, inclusi di quelli fiamminghi vicini alla causa indipendentista.