Se ti dicessero che da domani puoi continuare a vivere solo a condizione di rinunciare a tutto quello che possiedi e a tutti quelli che conosci, cosa faresti?

Se non ti fosse concessa altra possibilità che questa per sfuggire alla morte: di parlare per sempre una lingua che non è la tua, di cambiare casa, lavoro, continente? Bisogna porsi queste domande per comprendere la sorte degli oltre trentacinque mila migranti che nei mesi scorsi sono approdati al Baobab, il centro di accoglienza a ridosso della Stazione Tiburtina che era stato chiuso per Mafia Capitale, riaperto grazie al lavoro gratuito di decine di volontari, infine sgomberato a dicembre dal commissario Tronca, con la promessa – mancata – di trovare in tempi brevi un nuovo spazio adatto a ristorare le centinaia di migranti in transito per l’Italia e aiutarli a proseguire il loro viaggio.

Lo spazio lo hanno trovato i volontari e le associazioni che in questi mesi si sono impegnati per accogliere chi fugge da fame e guerra. È lì a pochi passi: l’Ex Istituto Ittiogenico che una volta serviva ad aiutare i pesci rari a riprodursi e che oggi non serve più a niente, come i troppi luoghi pubblici dai quali lo Stato è battuto in ritirata. Uno spicchio di verde incastrato tra la stazione dei treni e quella dei pullman. Vasche vuote coperte di erbacce, tre edifici sprangati da otto anni e lasciati a cadere.

Ieri mattina i volontari e gli attivisti si sono dati appuntamento davanti ai cancelli, armati di vanghe e rastrelli. Con loro l’Arci, Medu, i medici per i diritti umani, esponenti della Cgil e della rete LasciateCIEntrare, esponenti della Regione Lazio – proprietaria dell’Ittiogenico – che si è dichiarata disponibile ad aprire un confronto, permettendo intanto ai volontari di ripulire l’area e prepararsi all’arrivo dei migranti che con la bella stagione sono tornati a salpare dalle coste africane e a bussare ai cancelli del vecchio Baobab. I centri accoglienza attualmente in funzione non bastano a contenere la piena. Già venerdì otto ragazzi tra etiopi e sudanesi hanno dormito per strada, sui materassi accatastati davanti ai cancelli sprangati di Via Cupa, la sede del vecchio Baobab. Sapevano che quello era un posto sicuro, che lì avrebbero trovato qualcuno capace di curarli, sfamarli, assisterli legalmente, dare loro vestiti puliti. È quello che hanno fatto per mesi, prima dello sgombero, i volontari del Baobab, con il sostegno dei medici della Croce Rossa, degli avvocati, dei tanti cittadini che hanno portato cibo e vestiti, compreso il messo papale inviato dalla Santa Sede. «Dopo lo sgombero di dicembre – raccontano i volontari – abbiamo continuato a presidiare via Cupa con due gazebo e un camper donato da Medu, aiutando i migranti in transito a trovare accoglienza nelle poche strutture disponibili, prima fra tutte quella della Croce Rossa in via del Frantoio, grazie anche alle operatrici e agli operatori della Sala Operativa del Comune di Roma. Ora però serve uno spazio, perché arriveranno a centinaia, come l’estate scorsa, quando ogni giorno servivamo un pasto caldo anche a settecento persone».

17STORIE BAOBAB image4

 

Non c’è più tempo, hanno tentato di spiegare ieri i volontari al prefetto, che ha spedito davanti ai cancelli dell’Ittiogenico una volante e due camionette cariche di agenti in tenuta antisommossa. «Oggi sono arrivati altri diciassette ragazzi dall’Eritrea». Dormiranno anche loro in strada. Non hanno altro posto dove andare. «Non solo è disumano, è anche un problema di ordine pubblico, no? Dovrebbe porselo il prefetto. Sa che la criminalità organizzata arruola manovalanza tra i binari della Stazione Termini». Lì fanno base gli scafisti per organizzare i loro viaggi, minacciando e derubando i migranti. Estorcono anche 220 euro per rimediare un biglietto per Bolzano, un biglietto che ne costerebbe cinquanta: «Questo perché manca uno sportello che fornisca assistenza, mancano i posti letto e i pasti caldi, le cure mediche. Ma ci sarebbero. Volontari e associazioni sono pronti a mobilitarsi. A dicembre abbiamo presentato al Comune e alla Regione il nostro progetto di accoglienza, individuando nell’ex istituto Ittiogenico, abbandonato da anni, lo spazio idoneo per realizzarlo. Per questo oggi siamo qui, per questo stiamo entrando nell’istituto, insieme alle cittadine ed ai cittadini che ci hanno aiutato in questi mesi e a tante associazioni che da anni si battono per chi non ha diritti».

17STORIE BAOBAB image1FF

L’ordine di sgombero è partito verso mezzogiorno, gli agenti in tenuta antisommossa hanno sollevato di peso i volontari che si erano sdraiati a terra, spinto fuori quelli che avevano alzato le mani, rinunciando a fare resistenza.

«La Regione ora promette di intervenire in tempi brevi. Ci ha chiesto di riproporre un progetto facendolo firmare alle associazioni. Pensiamo che il nostro obiettivo e quello delle istituzioni sia comune – dicono gli attivisti del Baobab – recuperare uno spazio abbandonato da otto anni, garantire non una semplice assistenza, ma una completa accoglienza che coinvolga le figure professionali necessarie in ambito medico, psicologico e legale, e che abbia tra gli obiettivi la diffusione di una cultura della fratellanza, attraverso la realizzazione di un museo della migrazione. Gli sbarchi stanno aumentando. Il vergognoso muro che l’Austria sta costruendo al Brennero e la possibile apertura di una rotta sul mare Adriatico per i migranti bloccati ai confini greci, ci hanno fatto capire che è il momento di agire, di prepararsi in maniera lungimirante, rifiutando di dover parlare di “emergenza” per un fenomeno noto e prevedibile.

Gli attivisti lanciano un appello alla cittadinanza di Roma: «L’esperienza Baobab ci ha insegnato che tanto più l’accoglienza è condivisa con il quartiere e la cittadinanza, tanto più si costituiscono le basi per la convivenza e lo scambio reciproco. Per questo invitiamo le cittadine e i cittadini a raggiungerci al gazebo di via Cupa fin da subito e aiutarci a costruire uno spazio di vera integrazione e condivisione».