Bello che certe operazioni che, sulla carta, potrebbero sembrare solo l’ennesimo pessimo coniugio tra marketing e nostalgia siano invece, a considerarle con attenzione, realtà di tutt’altro segno. Avete presente le riedizioni in cofanetto di dischi «storiciN del rock e del jazz? Spesso contengono anche inediti interessanti, ma perlopiù si viaggia su piste maniacali ed inutili. È uscita di recente la «legacy edition» di un lavoro fondamentale per la storia del rock progressivo italiano e mondiale, Io sono nato libero del Banco del Mutuo Soccorso. In diverse versioni, ma tutte che contengono, oltre al disco del 1973, un secondo disco, La libertà difficile che rilegge in maniera avventurosa i brani di allora, con un inedito.

Vittorio Nocenzi ha lavorato sui temi o brandelli degli stessi di quarant’anni fa, su nuovi impianti timbrici che evitano ogni cliché del prog rock per nostalgici, sulla lingua dei testi a fare da ispirazione ad altri testi, nati anche in collaborazione con lo scrittore Paolo Logli. «La libertà difficile – spiega Nocenzi – è la libertà basata sulla conoscenza vera, non sull’orientamento del consenso che purtroppo affligge la nostra realtà, complice anche un uso sbagliato, superficiale e interessato di Internet».

C’è poi un saggio di quaranta pagine sul gruppo, con tanto di albero genealogico del Banco con tutti le produzioni discografiche fino ad oggi, foto rare e interviste. Riedizione speciale, s’è detto: perché riannoda le fila del discorso sulla libertà all’oggi, perché è comunque un segno di quella «idea che non puoi fermare», per usare le parole del Banco, neppure ora che Stefano Maltese e Francesco di Giacomo non ci sono più. Saggiamente, non si è cercata una voce che potesse evocare quella di Di Giacomo: «In questi ultimi due anni ho dovuto lottare contro impresari che volevano strumentalizzare quelle due scomparse fondamentali per furbeschi tentativi commerciali, e il meno che potessi fare era cercare una voce che non avesse riferimenti nei timbri di Francesco: che non era il numero uno, era semplicemente unico. Se in tanti anni abbiamo scritto un repertorio importante, di qui in avanti ci sarà spazio solo per grandi interpretazioni vocali, diverse dal passato».

Il Banco c’è, parla di libertà oggi come mezzo secolo fa, quando i fascisti scardinavano le democrazie latinoamericane, ed è intenzionato a restare, accordato sui nostro giorni: è rinato, con una formazione solida e flessuosa al contempo. La più bella scoperta, per Nocenzi, è stato il dono di compositore del figlio Michelangelo: «Ho scoperto il mio alter ego musicale, è già un rifermento vivo nel mio scrivere nuova musica. Ogni sua idea fa da innesco per ulteriori sviluppi. È come avere una spiaggia nuova su cui tracciare parole. Un dono inatteso».

E si annunciano novità a venire, sulla spinta di questo nuovo impulso a comporre: «Negli ultimi anni il Banco si è dedicato troppo all’attività concertistica, a discapito di quella compositiva e di registrazione. Nei prossimi tre anni intendiamo rimediare a questo. A primavera entreremo in studio di registrazione per realizzare un nuovo album inedito. E l’anno dopo sarà la volta di pubblicare la già annunciata opera contemporanea ispirata al’Orlando di Ariosto. Ora però è il momento del nuovo Io sono nato libero, anzi, di La Libertà difficile.