Roberto Andò con Il bambino nascosto, dopo avere chiuso la mostra di Venezia, arriva in sala. Andò è un narratore nato, inoltre sa mettere in scena, con garbo e talento, lo ha sempre fatto, che si trattasse di articoli, documentari, romanzi, film, opere liriche. Questa volta è partito dal suo romanzo, omonimo, per poi approdare al grande schermo. La vicenda è già tutta nel titolo. Il protagonista è Silvio Orlando, che interpreta Gabriele Santoro, insegnante di pianoforte al conservatorio di Napoli, una scelta defilata dopo che, da tempo, ha perso ogni ambizione da concertista, vive in un quartiere dove le persone campano più di espedienti, non sempre legali, piuttosto che di lavoro. Lì lui trascina stancamente la sua esistenza. Che improvvisamente ha un sussulto, imprevisto e casuale. Lascia la porta aperta in attesa della consegna di uno spartito e, non visto, Ciro, il ragazzino giovanissimo, che abita con la famiglia al piano sopra di lui, si intrufola nell’appartamento.

NON HA INTENZIONI malvagie, sta solo sfuggendo da chi gli sta dando la caccia. Questioni di camorra, scippi, sgarri e violenza, tanta. Quando il musicista si accorge di quella presenza inaspettata, intuisce anche che quel ragazzino strafottente ha un grande bisogno di essere protetto, quindi lo nasconde. E Santoro scopre così una paternità surrogata, che probabilmente non aveva mai neppure immaginato, peraltro non senza rischi perché il cerchio intorno a loro si stringe sempre più. Il film è tutto sullo scontro di temperamenti. Fuori impazza la camorra. In casa c’è protezione. E ancora, da una parte un ragazzino arrogante, la cui testa è imbottita di luoghi comuni e pregiudizi, per cui è convinto di essere ormai adulto e di conoscere come gira il mondo, mentre la sua strada purtroppo è già segnata. Dall’altra un uomo che un po’ alla volta si è chiamato fuori da quel mondo che gira male, dalla famiglia e dagli affetti, salvo riscoprirsi insospettabilmente coraggioso. Silvio Orlando offre l’ennesima ottima prova da grande interprete, ma la sorpresa è Giuseppe Pirozzi, col suo napoletano dei vicoli, con la capacità di reggere un film claustrofobico: si svolge quasi tutto in un appartamento, con un talento istintivo che lo porta a reggere il confronto con Orlando. Entrambi mollano la famiglia vera per cercare altre strade perché la famiglia è importante, ma può essere anche un nido di serpi.