Eletto Juncker, comincia il ballo delle nomine per la nuova Commissione, che entrerà in carica il prossimo 1° novembre, dopo un voto previsto all’Europarlamento ad ottobre e un Consiglio europeo il 23 e 24 ottobre. Il 1° dicembre prossimo sarà sostituito anche Herman van Rompuy alla presidenza del Consiglio. Per il cristiano-democratico Juncker, abituato ai compromessi, l’operazione non sarà facile, per conciliare esigenze degli stati membri, equilibrio dell’appartenenza politica e presenza femminile (i liberali hanno condizionato il voto favorevole a Juncker alla presenza di almeno 9 donne nella nuova Commissione).

Stasera, c’è un Consiglio europeo dedicato alle nomine. Ma le trattative sono ancora talmente in alto mare che potrebbe venire deciso soltanto il nome dell’Alto rappresentante per la politica estera, alla successione di Catherine Ashton, carica ad effetto ma con poco potere di fatto, che dovrebbe rimanere nella mani dei socialisti. Qui l’Italia ha proposto Federica Mogherini, che ha incassato l’appoggio di Angela Merkel, che vuole fare un piacere a Renzi per ammorbidirlo. Ma Mogherini solleva perplessità, perché troppo inesperta: Juncker ha definito il nuovo Alto rappresentante come “forte ed esperto”. Cioè, il presidente della Commissione propende per la bulgara Kristalina Georgieva, ex vice-presidente della Banca Mondiale, che era commissaria agli aiuti umanitari. I paesi dell’est sono ostili a Mogherini, perché accusano l’Italia di essere stata troppo amichevole con la Russia nella crisi Ucraina (a causa degli interessi per il gas). Ma è il suo stesso paese che potrebbe mettere i bastoni tra le ruote alla scelta di Georgieva: in Bulgaria ci sono elezioni anticipate ad ottobre e il premier socialista Plamen Orecharski preferirebbe piazzare Serguei Stanichev, capo del Ps bulgaro e presidente del Pse.

Juncker aspetta entro fine agosto le proposte dei paesi membri sui nomi degli altri commissari. Qui c’è la corsa ad accaparrarsi posti di rilievo. La Francia, che non ha cariche importanti, punta agli Affari economici, proponendo l’ex ministro Pierre Moscovici. Juncker dovrà cercare di ammorbidire la Gran Bretagna, che ha già un piede fuori dalla Ue, con l’ipotesi del referendum del 2017. David Cameron ha dato una svolta euroscettica, sostituendo agli Esteri William Hague con Philip Hammond, che di recente ha affermato che voterebbe per l’uscita di Londra dalla Ue se non venissero attuate le riforme auspicate dai britannici. Cameron ha già fatto sapere che il commissario della Gran Bretagna sarà Lord Hill, leader della House of Lords: Londra mira ad ottenere un posto importante, il mercato interno, la concorrenza o il commercio.

Blocco totale, per il momento, alla successione di Van Rompuy, dove manca l’accordo tra i due pesi massimi, Germania e Francia. Inoltre, i socialisti vorrebbero il posto, ma i conservatori non hanno nessuna intenzione di cedere. C’è in corsa la premier danese, la socialdemocratica Helle Thorning-Schmidt, ma Hollande storce il naso, perché la Danimarca non è nell’euro. La destra ha comunque fatto circolare vari nomi, dal polacco Donald Tusk, all’irlandese Enda Kenny o al finlandese Jyrki Katainen (che è in corsa anche per la presidenza dell’Eurogruppo). E dietro le quinte, manovra José Manuel Barroso, che dopo due mandati alla testa della Commissione vorrebbe restare a Bruxelles. Hollande gli ha anche dato la Legion d’Honneur. Ma la decenza, dopo il voto di sfida delle ultime europee, dovrebbe scoraggiare questa improbabile candidatura.