Sindacati in piazza contro il governo. La prima manifestazione unitaria contro «il finto cambiamento» di Lega e M5s e la manovra economica si terrà sabato 9 febbraio a Roma. Cgil, Cisl e Uil hanno ufficializzato la data ieri all’avvio del congresso dello Spi Cgil di Torino e stanno trattando con la questura per definire il percorso del corteo e la piazza in cui confluire: la più piccola piazza del Popolo già riempita da Pd e Lega o la più grande e storica piazza San Giovanni in cui il 25 ottobre 2014 la sola Cgil portò un milione di persone.

«Avevamo detto alla fine dell’incontro con il presidente del consiglio (del 10 dicembre nel quale Conte aveva promesso ascolto e incontri continui, ndr) che avremmo verificato se gli impegni a tener conto della nostra piattaforma ci sarebbero stati o no – commenta il segretario generale della Cgil Susanna Camusso -nel frattempo è stata fatta una legge di bilancio che mi pare evidente che non tiene conto di quegli orientamenti. Avevamo detto che avremmo reagito con la mobilitazione e lo abbiamo fatto. È innanzitutto una mobilitazione a sostegno della nostra piattaforma – ha aggiunto – che chiede il cambiamento delle scelte che sono state fatte, in particolare sul lavoro, sugli investimenti, fisco, che sono lontane da ciò che avevamo chiesto».

«Parteciperemo con forza alla manifestazione», ha commentato nella sua relazione Ivan Pedretti, il segretario generale dello Spi, sindacato che per primo – assieme a Fnp Cisl e Uilp – è sceso in piazza contro il colpo di mano del governo che ha bloccato la rivalutazione delle pensioni tagliando l’aumento agli assegni sopra i 1.200 che sarebbe entrato in vigore dal primo gennaio. «La manovra è debole e pasticciata, non aiuta lo sviluppo, non risponde ai bisogni delle nuove generazioni e contrappone a una fascia di lavoratori con quota 100 agli anziani bloccandogli la rivalutazione, usando quelle risorse per destinarle in parte al reddito di cittadinanza e in parte all’uscita previdenziale», ha affermato Pedretti. «Ci hanno definiti gli avari di Molière perché abbiamo osato protestare. Parole brutte, ingiuste e irrispettose. Ce ne ricorderemo», ha aggiunto. «Avari a chi? Noi risparmiamo tutti i giorni, lo faccia anche il presidente Conte».

«Abbiamo il dovere di ascoltare il grido di sofferenza del nostro mondo. Lavoratori e pensionati ci hanno chiesto di chiarire al governo la nostra posizione. E di farlo con la massima forza e determinazione», commenta la segretaria generale della Cisl Annamaria Furlan. «Per noi il tema della crescita e dunque quello del lavoro sono la vera priorità. Il governo ha fatto delle scelte che non condividiamo e che vogliamo cambiare. Per questo scenderemo in piazza il 9 febbraio con una grande manifestazione unitaria. Non si è voluto aprire un confronto serio su tanti provvedimenti sociali ed economici che riguardano la vita di milioni di lavoratori e pensionati, e questo è stato un errore. Ecco il perché di questa grande mobilitazione: per provare a scuotere il governo e per far cambiare la linea sui temi importanti delle infrastrutture, delle opere pubbliche, della rivalutazione delle pensioni, del fisco, dei contratti del pubblico impiego, delle politiche per lo sviluppo».

«Noi facciamo sindacato, stiamo al merito delle questioni: non vogliamo cambiare il governo, ma chiediamo che il governo cambi la sua politica economica – specifica il segretario generale della Uil Carmelo Barbagallo . Non tutti i provvedimenti adottati vanno nella direzione dello sviluppo del paese. Le nostre proposte sono chiare e mettono al centro il valore del lavoro. Ecco perché chiediamo, tra le altre cose, più investimenti in infrastrutture, meno fisco sul lavoro dipendente e sulle pensioni, più flessibilità verso il pensionamento per più lavoro ai giovani. La manifestazione sarà a sostegno di questi cambiamenti. Il governo – conclude – , allora, ci convochi subito e inizi con noi un confronto serio e serrato su questi capitoli fondamentali per l’economia del Paese».

In piazza con Cgil, Cisl e Uil ci sarà anche il Pd. A sanare una rottura figlia del Jobs act arriva la dichiarazione di Maurizio Martina. Ma c’è da chiedersi come le bandiere del Pd saranno accolte dai lavoratori, specie della Cgil.