Prima dell’eccezionalità dell’evento, prima della «bomba d’acqua» che ha flagellato il Gargano, il presidente di Legambiente Puglia, Francesco Tarantini, aveva lanciato l’allarme. Pur essendo aumentata negli anni la frequenza dei fenomeni meteorologici che provocano alluvioni, dice Tarantini, «solo il 38% dei comuni pugliesi svolge un positivo lavoro di mitigazione del rischio idrogeologico». E in Puglia nel 78% dei Comuni sono presenti aree a pericolosità idraulica. «Molti sono ancora i Comuni – spiega – che hanno abitazioni e fabbricati industriali in aree a rischio, ma pochissimi quelli che hanno intrapreso azioni di delocalizzazione per tutelare il territorio».

Secondo Ecosistema Rischio 2013, il dossier annuale di Legambiente e Dipartimento della Protezione Civile che monitora le attività per la mitigazione del rischio di 1.500 amministrazioni comunali, «in Puglia solo 43 amministrazioni hanno risposto al questionario, circa il 22% dei Comuni a rischio della regione».

Nel 67% dei Comuni pugliesi intervistati sono presenti abitazioni in aree a rischio idrogeologico, nel 36% interi quartieri, nel 47% fabbricati industriali e nel 22% strutture commerciali.

Solo il 6% dei Comuni ha intrapreso azioni di delocalizzazione dalle aree esposte a maggiore pericolo e solo nel 3% dei casi si è provveduto a delocalizzare gli insediamenti.

Per Tarantini «le amministrazioni possono intervenire per contrastare il rischio idrogeologico attraverso le attività ordinarie legate alle gestione del territorio, quali la pianificazione urbanistica, la manutenzione delle sponde dei corsi d’acqua, ma anche attraverso la redazione dei piani di emergenza nonché attraverso l’organizzazione locale di protezione civile, al fine di garantire soccorsi tempestivi in caso di alluvione».