A proposito di navi militari spedite al largo di Lampedusa per rendere più sicuro e blindato il “mare nostrum”, è sempre più evidente che le persone salvate sui barconi non dovranno essere rispedite nei paesi di provenienza. Non è un accorato appello di qualche associazione umanitaria, è l’evidenza di un dato fornito dal ministero dell’Interno: il 73% dei migranti sbarcati quest’anno sulle coste italiane proviene da paesi flagellati dalla guerra e da regimi totalitari. Quasi tutti dunque necessitano di protezione internazionale. Una fuga che è storia di queste ore. “Vogliamo solamente sperare – ha spiegato ieri il direttore del Cir Christopher Hein durante la presentazione del rapporto Access to protection: a human right – che l’operazione Mare Nostrum, così come l’auspicato rafforzamento di Frontex, abbia regole di ingaggio chiare, che rispettino l’obiettivo annunciato da Letta, configurandosi esclusivamente come operazioni di soccorso e salvataggio”.

Hein ha una brutta sensazione, e non la nasconde: “Tutti i migranti che verranno intercettati dovranno essere portati in un luogo sicuro e deve essere chiaro che la Libia, paese di partenza per molti dei migranti che arrivano in Italia, non può essere considerata tale. Le condizioni di vita per migranti e rifugiati sono inaccettabili, vengono sottoposti a sistematiche violazioni dei loro diritti fondamentali e detenuti per periodi di tempo indefiniti in condizioni inumane”.

[do action=”quote” autore=”fonte: Cir”]In 33mila fuggiti dalle zone di guerra[/do]

Nel dettaglio, dal primo gennaio a ieri mattina (quindi il dato è sicuramente da aggiornare con un’ultima ora) sono sbarcati in Italia 35.085 migranti: 9.805 siriani (erano 582 nel 2012), 8.443 eritrei, 3.140 somali, 1.058 maliani, 879 afghani. Per quanto riguarda i porti di provenienza, 21.027 sono partiti dalla Libia, 8.159 dall’Egitto, 1.825 dalla Turchia, 1.650 dalla Grecia e 1.480 dalla Siria (25 mila sono stati salvati dalle autorità italiane, ha precisato il prefetto Riccardo Compagnucci, vice capo dipartimento libertà civili e immigrazione del ministero dell’Interno). Anche Christopher Hein è convinto che a questo punto sia necessario una sorta di corridoio umanitario per scongiurare altri naufragi: “Dobbiamo prevedere modalità di ingresso protetto, come la possibilità di richiedere asilo presso le ambasciate e i consolati, il rilascio di visti umanitari temporanei e il reinserimento per rifugiati. Dobbiamo assolutamente cercare vie alternative per permettere loro di arrivare in maniera sicura in un posto sicuro”.

Degli arrivi si sa, ma il numero dei respinti invece rimane segreto, nonostante il Codice frontiere Schengen imponga ai paesi membri l’obbligo di raccogliere statistiche e indicare la cittadinanza delle persone rimpatriate e i motivi del respingimento. Del resto in Italia viene violato sistematicamente il diritto di accesso alla procedura di asilo. Le procedure di respingimento vengono svolte sommariamente, per esempio nei confronti dei migranti che arrivano dall’Egitto e dalla Tunisia. Di fatto vengono isolati, per evitare che entrino in contatto con le associazioni umanitarie, e poi respinti entro 48 ore, come se il diritto alla protezione non fosse un diritto individuale e come se Tunisia ed Egitto oggi fossero paesi in grado di garantire il rispetto dei diritti umani.

Naturalmente, ma questo è un capitolo a parte, anche perché mediaticamente meno spendibile, in Italia non si arriva solo sui barconi ma anche a bordo dei camion e nelle stive delle navi. Nel corso del 2012, negli scali di Ancora, Bari, Brindisi e Venezia, sono stati identificati 1.809 stranieri. Quelli che ce l’hanno fatta sono molti di più. Per tornare in mare, solo ieri altri 300 profughi sono sbarcati sulle coste di Lampedusa.