La Grecia andrà al voto, per le elezioni anticipate volute da Alexis Tsipras un attimo dopo la sconfitta alle europee, alle amministrative ad Atene e in altre regioni. Il Paese rischia di finire nelle mani di Mitsotakis, rampollo di una delle grandi famiglie di politici greci che si alternarono in passato alla guida del Paese, portandolo alla crisi che Syriza ha dal 2015 dovuto gestire.

«Cadere è permesso, rialzarsi è obbligatorio», è stato il commento dopo il voto del ministro delle finanze di Syriza. E, nonostante i sondaggi non siano favorevoli, gli attivisti si sono rialzati e stanno combattendo in questi giorni quartiere per quartiere una battaglia che non è solo greca.

Non era solo greca la lotta impari che Syriza dovette sostenere nel 2015 contro la Troika e i poteri forti della Ue: se in sua difesa si fosse sollevata l’Europa progressista, la critica all’Europa neoliberista e matrigna avrebbe potuto prendere un volto democratico, chiudendo lo spazio ai movimenti sovranisti e reazionari in tutto il continente. La Grecia fu invece lasciata sola di fronte a un ricatto e a una violenza politica immane, e il prezzo lo stiamo pagando ovunque.

Non riguarda solo i greci la fatica fatta per gestire con il massimo possibile di giustizia sociale gli inumani e crudeli programmi di austerità imposti dalla Ue, che hanno lasciato il Paese dissanguato, riuscendo ad uscirne un anno fa: la vittoria di Syriza in tanti quartieri popolari, anche nelle ultime elezioni, mostra la strada alle forze progressiste e di sinistra che in tante parti d’Europa hanno perso la relazione con il loro popolo perché non se ne curano.

E non sarà solo greco il risultato del 7 luglio, dove alla fine dell’incubo il potere rischia di tornare a chi l’ha prodotto. L’Unione Europea avrà una maggioranza più variegata, ma ancora nelle mani delle famiglie politiche che in nome del mercato hanno fatto crescere a dismisura la diseguaglianza, hanno distrutto la classe media lavoratrice, hanno smantellato lavoro e garanzie sociali, alimentando frustrazione, rancore e razzismo. Senza una decisa inversione di rotta, che dai primi passi in Europa non pare all’ordine del giorno, i pericoli per la tenuta democratica della nostra gente restano tutti.

La vicenda greca è europea. Per questo, nel 2014 in Italia la sinistra andò al voto nel nome di Alexis Tsipras. Per questo, eravamo quasi cinquecento persone ad Atene nel 2015 quando Syriza vinse le elezioni, poi per il referendum e sempre, nei giorni esaltanti e nei giorni più duri.

Saremo ad Atene anche il 7 luglio, a fianco dei compagni e delle compagne greche, al loro impegno e alla loro speranza, per rendere omaggio alla loro forza, intelligenza e resistenza, per rinnovare l’impegno a continuare insieme la lotta dura e necessaria per una altra Europa. Chi è interessato a venire ad Atene può rivolgersi a Argiris Panagopoulos: argipan@yahoo.it