Il 4 marzo il 75% degli elettori di Liberi e Uguali è cambiato
Quasi un milione e centomila voti per Sel nel 2013, la stessa cifre per Liberi e Uguali cinque anni dopo. Ma il 75% degli elettori sono cambiati. Praticamente nessuna fidelizzazione […]
Quasi un milione e centomila voti per Sel nel 2013, la stessa cifre per Liberi e Uguali cinque anni dopo. Ma il 75% degli elettori sono cambiati. Praticamente nessuna fidelizzazione […]
Quasi un milione e centomila voti per Sel nel 2013, la stessa cifre per Liberi e Uguali cinque anni dopo.
Ma il 75% degli elettori sono cambiati. Praticamente nessuna fidelizzazione nel corso del quinquennio.
Come è stato possibile? Perché quegli ottocentomila elettori cinque anni dopo hanno preferito, per un terzo votare Pd , oppure per la stessa percentuale votare 5Stelle e per il resto finire soprattutto nell’astensione e solo in misura minima a Potere al Popolo e qualcuno anche alla Lega?
Sono questi i dati emersi in un seminario che Liberi e Uguali ha organizzato a Varese con il contributo dell’Istituto Cattaneo di Bologna.
Oltre al magro risultato, nel dibattito sul dopo voto, bisogna saper rispondere a questa dilapidazione del consenso. Il ricambio di tre quarti del proprio elettorato ha ovviamente due facce.
Esiste, continua ad esistere nonostante le disillusioni e le sconfitte, un’area politica pronta a dare sostegno ad un progetto per costruire un soggetto di sinistra.
Questa domanda resiste nel tempo.
Nonostante la montagna di errori, i limiti delle alleanze elettorali messe in campo.
Nonostante si continui a far ruotare la costruzione del nuovo soggetto attorno agli appuntamenti elettorali invece di dar vita ad un lavoro di insediamento della sinistra in questa società. Lavoro che richiede tempi lunghi, un programma di lavoro condotto con la consapevolezza che le elezioni sono degli esami e non il fine del percorso.
Come per gli esami anche per le elezioni vale soprattutto il lavoro di preparazione, quello fatto nel tempo e non quello degli ultimi giorni.
Se non esiste il primo, il secondo può solo portarci alla sufficienza o a un risultato di sopravvivenza. Nonostante tutte le domande scomode siano rimosse ci si aggrappi sempre a stereotipi invece di avviare una ricerca.
C’è una mancanza di autorevolezza dei gruppi dirigenti in difficoltà ad avere un ruolo di riferimento, di aggregazione. Ci sono personaggi che entrano ed escono con grande disinvoltura su questi palcoscenici candidandosi a guidare qualche cosa. Invece di lavorare alla costruzione di gruppi dirigenti si è alle prese da girandole e giravolte che logorano le aspettative.
Il modo di procedere elettoralistico: Italia Bene Comune, Lista Tsipras, eclettismo nelle elezioni locali senza altro lavoro politico se non le campagne elettorali. Questo ha ha senz’altro prodotto una disaffezione nell’elettorato di cinque anni fa. In mezzo appuntamenti nazionali che non sono mai un punto di partenza ma solo eventi.
Liberi e Uguali si trova adesso un’altra eredità.
Il 50% del suo elettorato viene dal Pd.
Ha una percentuale di voti tra gli studenti, l’8,1% che è più che doppia del risultato nazionale, un voto giovanile nel suo complesso, il 5,1% , che conferma un interesse delle giovani generazioni per la politica e per un progetto di costruzione di un luogo della sinistra.
Sono numeri che, nelle difficoltà osservate, ci dicono che quella domanda politica non viene dai settori anziani, nostalgici, anche se anziano è il corpo militante di Liberi e Uguali, ma interessa un pezzo delle generazioni future.
Sono numeri che dovrebbero indurre all’ottimismo così come dovrebbe indurlo un consenso che perdura nel tempo.
Ma chi sono gli elettori di Liberi e Uguali ?
Non vengono dall’astensione, neppure uno, non vengono dalla classe operaia, 1,3% , non vengono dai disoccupati, 0,6%.
Il reinsediamento nei settori della marginalità, della sofferenza non è riuscito attraverso la contesa elettorale, se mai fosse stato possibile.
Siamo di fronte ad un’area politica. Con una domanda politica.
Cinque anni fa, con Italia Bene Comune, probabilmente si attendevano che Sel svolgesse la parte dell’ala sinistra in una compagine di governo.
Nel 2018 la proposta di governo non esisteva. Questo milione di elettori esprimono una domanda prioritaria.
Hanno creduto che la contesa elettorale fosse il primo passo per la costruzione di quel luogo di sinistra che consenta loro di ripartire a dare battaglia politica nel paese.
Con il voto hanno ribadito una apertura di credito , come hanno fatto alle elezioni politiche di cinque anni fa, come con la Lista Tsipras quattro anni fa.
Non sono gli stessi, certo, ma la sinistra non ha ancora consumato tutto il suo credito in questo paese.
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