«Il 31 di ottobre la produzione su Napoli cesserà». Tocca di nuovo all’amministratore delegato per l’Italia di Whirlpool Luigi La Morgia – ex direttore proprio dello stabilimento di Napoli – confermare la decisione del colosso americano degli elettrodomestici. Nonostante i 120 milioni offerti da governo (100 milioni) e Regione Campania (20 milioni) per rilanciare la produzione di lavastoviglie a Napoli, l’esito della videoconferenza al Mise di ieri mattina era abbastanza scontato.

Meno scontata era l’altissima adesione allo sciopero in tutti gli stabilimenti italiani di Whirlpool: da Varese a Comunanza, da Siena a Melano i 5 mila dipendenti italiani mandano un messaggio chiaro all’azienda: «Stiamo con Napoli perché una multinazionale che non rispetta il piano firmato a ottobre 2018 può chiudere qualsiasi stabilimento».

Forti di questo risultato non scontato – il primo sciopero nel 2019 ebbe una adesione bassa – i sindacati hanno reagito all’annuncio come ad «una dichiarazione di guerra». Chiedendo immediatamente al governo – che da maggio 2019 non è riuscito a far cambiare idea a Whirlpool – una «nuova fase» e promettendo – per bocca della Fiom – uno «scontro sociale».

L’ASSEMBLEA DEI 350 lavoratori di Napoli – erano 425 a inizio vertenza ma vanno aggiunti i 500 dell’indotto – è stata tesa ma la reazione è determinata e compatta. Già stamattina saranno alle 11,30 a piazza Plebiscito per poi essere ricevuti dal prefetto. I sindacati che nei mesi scorsi avevano deciso di bloccare l’autostrada che passa vicino allo stabilimento «non escludono nulla: nel pieno rispetto delle norme Covid per tutelare in primis la salute dei lavoratori, sono pronti a tutto pur di salvare il loro stabilimento».

Si attendevano già stasera una decisione forte da parte del consiglio dei ministri e comunque chiedono di incontrare il premier Giuseppe Conte prima del 31 ottobre perché sia lui a convocare direttamente i vertici americani di Whirlpool e di non trattare più con i vertici europei.

LA STRATEGIA È CHIARA: nessuna subordinata. La produzione Whirlpool di lavastoviglie a Napoli deve continuare, anche perché arrivano notizie dalla Cina e della Turchia che parlano di cessioni di stabilimenti e possibili chiusure proprio di fabbriche in cui si fanno le stesse produzioni. Dal 31 ottobre, poi, rimarranno i presidi in fabbrica per evitare che l’azienda porti via le linee di montaggio.

Le posizioni nel governo sono variegate. Se il ministro per il Sud Giuseppe Provenzano, parla di scelta «estremamente grave e inaccettabile per il paese, un vulnus che mette in discussione la credibilità stessa dell’intero piano industriale», il Mise con Patuanelli è costretto a «prendere atto» della decisione di Whirlpool e prepara già le alternative industriali, invise a sindacati e lavoratori: annuncia un tavolo permanente «per la piena occupazione per i lavoratori di Napoli con delle prospettive importanti».

MOLTO DURI INVECE i sindacati. «Chiediamo la convocazione urgente di un tavolo a Palazzo Chigi, la vertenza Whirlpool è emblematica dell’autorevolezza del governo. L’azienda ha svelato la tua totale inaffidabilità, ora si apre chiaramente una fase di scontro sociale», dichiarano Francesca Re David e Barbara Tibaldi della Fiom nazionale. «Siamo pronti a tutto», rincara il segretario Uilm Rocco Palombella. E anticipa «azioni eclatanti» anche il segretario Fiom di Napoli Rosario Rappa che promette: «sarà il Vietnam per la Whirlpool: le lavoratrici e i lavoratori riapriranno la produzioni di lavatrici a Napoli». «Oggi non ci aspettavamo promesse bensì risposte sulla direzione da intraprendere per garantire occupazione e dare sicurezza ai 350 lavoratori di Napoli e a quelli di tutto il gruppo», dicono il segretario generale aggiunto della Cisl Luigi Sbarra e il segretario nazionale Fim Cisl Massimiliano Nobis.

La chiusura della fabbrica, in piena emergenza Covid secondo il sindaco Luigi de Magistris, è una «sciagura» che il governo deve evitare e «un colpo micidiale per migliaia di persone».