Ancora malamente conosciuti in Italia, i campi di concentramento fascisti per gli Jugoslavi, dopo la occupazione fascista della Jugoslavia (iniziata il 6 aprile 1941), attirano l’attenzione di un sempre maggior numero di studiosi. È una pagina che la pubblicistica ha indagato in ritardo e, spesso, in maniera reticente: dell’esistenza dei campi non parla alcun manuale di storia per le scuole.

A Visco, provincia di Udine, si conserva, nei suoi tratti essenziali, uno di questi luoghi di vergogna e dolore: l’ex caserma “Luigi Sbaiz” di Borgo Piave. Più di 4.000 persone, compresi bambini, vecchi e donne (i morti furono 25), vi furono rinchiusi, in tende, baracche e padiglioni in muratura, dal febbraio al settembre 1943. Circondato da filo spinato, questo terribile emblema della detenzione dominava tutti i reparti del campo. Per iniziativa della Associazione “Terre sul Confine” di Visco, si rivolge un invito a chi appoggia l’idea di valorizzarlo, per ritrovarsi insieme nella data significativa del 25 aprile, sul sito del campo: campoconcentramentovisco.altervista.org La presenza in questa data, basilare per la storia d’Italia, sarà il segno di solidarietà per la salvezza e la valorizzazione del campo.

Il significato del luogo non è sostanziato solo dall’avere quasi intatta l’ossatura del campo, ma anche dal custodire la memoria di essere stato, nella grande guerra, l’ospedale attendato più grande d’Italia, con oltre 1.000 posti letto in tenda. Vi morirono più di 500 soldati italiani e austroungarici e una quarantina di civili della Contea di Gorizia e Gradisca. Dal 1917 al 1923, fu campo profughi per gli sfollati dai paesi lungo la linea del Piave. Tra il ’43 e il ’44, fu deposito della Wehrmacht (oggetto di una spettacolare azione partigiana della GAP); nel 1947, vi furono stanziati i carabinieri e i finanzieri che andarono a riprendere possesso di Gorizia; poi, fino al 1996, fu caserma che vide prestare il servizio militare oltre 30.000 giovani di tutta l’Italia. La caserma sorge nell’ex terra di nessuno sul confine per secoli e secoli tra Venezia e il mondo slavo tedesco e ungherese, poi, dal 1866 al 1915, tra il regno d’Italia e l’impero austroungarico. Ora,  vincolato dalla Soprintendenza, nel suo cuore logistico, per il suo alto e significativo valore storico, è lasciato cadere e, dal Comune, non sono stati usati i 20.000 euro stanziati dalla Regione Friuli VG (sia da quella di centrosinistra, sia dalla attuale) per un concorso di idee volto alla sua valorizzazione; inoltre, il campo è stato “oscurato”!

Troviamoci sul sito del campo: testimonianza per non dire… io non sapevo!

Coordinatore della Associazione Internazionale “Terre sul Confine” di Visco (UD)